Ma la scienza non è un dogma

Non è tipico solo della retorica No vax, a cadere nell'errore sono anche molti Pro vax

Ma la scienza non è un dogma

Non è tipico solo della retorica No vax, a cadere nell'errore sono anche molti Pro vax. Gente che accusa il governo e la scienza di mentire per il semplice fatto di aver cambiato approccio col cambiare del contesto. Ad esempio: «Avevate detto che il vaccino evita il contagio, e invece». È vero, era stato detto. Ma era stato detto quando il possibile contagio riguardava la variante Alfa, che comunque, e anche questo fu detto, aveva almeno un 10% di possibilità di «bucare» i vaccini. E, dopo l'Alfa, fu detto per la variante Delta. Non era falso, era vero. Come è vero che la Omicron è diversa dalle varianti di Covid che l'hanno preceduta: infatti, contagia anche i vaccinati. Li rende meno contagiosi dei non vaccinati, per meno tempo e ne evita quasi completamente le ospedalizzazioni. Ma li contagia. È il segno che i governi mentono? È la dimostrazione che la scienza non ha nulla a che vedere con la verità? No, è che non tutto è prevedibile. Le cose cambiano, così come cambiano le evidenze scientifiche. Il filosofo Karl Popper scrisse pagine importanti per chiarire come la ricerca della verità scientifica consista nella progressiva eliminazione degli errori. Il presupposto è che l'errore sia difficilmente evitabile in partenza. Perciò Popper sosteneva che nel mondo scientifico, come nella vita di tutti i giorni, ogni cosa è vera fino a che non si dimostri vero il suo contrario. È questo il metodo liberale. Perché noi italiani fatichiamo tanto ad accettarlo? Perché siamo naturalmente inclini ad una visione dogmatica. Se non lo fossimo, non ci saremmo divisi per cinquant'anni tra gli adepti del partito comunista e quelli del partito cattolico più forti d'Occidente. Due partiti-Chiesa, di conseguenza dogmatici. Se non lo fossimo, quei nostri connazionali chiamati «cattocomunisti» non avrebbero considerato naturale sommare due dogmi, anziché eliminarli. C'è, dunque, un dato antropologico a spiegare la refrattarietà di molti nell'accettare la complessità della vita e la fallacità del Verbo. Ne conseguono una certa inclinazione al messianismo, al pregiudizio, al complottismo e alla fede cieca.

La stessa cecità di chi di fronte a terapie intensive piene all'80% di quel 15% di concittadini non vaccinati stenta a tirare le somme. Ma in questo caso al dato antropologico si sommano gli effetti nefasti di un sistema scolastico poco incline a trasmettere agli uomini di domani i rudimenti della logica e della matematica di sempre.

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