Scienziati da competizione

L'infettivologo Bassetti svetta per pubblicazioni e citazioni. Punteggi alti per gli italiani. Ma la prima classifica stilata dall'AI fa anche qualche gaffe

Scienziati da competizione
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Se i parametri per valutare il peso degli scienziati italiani fossero valutabili in stelle Michelin, allora potremmo dire tranquillamente di vantare i miglior ristoranti gourmet.

Nel mondo delle classifiche scientifiche la stella ha un nome ben meno poetico. Si chiama H index ed è l'indicatore per quantificare la prolificità e l'impatto scientifico di un autore, basandosi sia sul numero delle pubblicazioni, sia sul numero di citazioni ricevute. I nostri scienziati svettano.

La classifica si chiana AD scientific index ed è la prima compilata interamente dall'intelligenza artificiale sulla base dei dati letti su Google scholar. Di fatto l'AI ha spulciato tra i lavori accademici dei professori e ha fatto salire sul podio quelli più attivi, stilando classifiche, paese per paese, categoria per categoria, università per università. Spiccano gli infettivologi. Non tutti pubblicizzano i risultati di ranking ottenuti. Matteo Bassetti, infettivologo direttore di Malattie infettive al San Martino di Genova, lo fa con orgoglio sui social. È tra i più giovani ad aver ottenuto i punteggi più alti. «Nell'ambito delle malattie infettive sono davvero felice per il mio risultato: primo nell'università di Genova, primo in Italia, quarto in Europa e 12esimo nel mondo». A portarlo ad essere indicizzato al top sono 546 pubblicazioni e 50.252 citazioni.

Un «menù» complesso e strutturato, in cui però spicca un piatto forte: «La ricerca sulle infezioni e l'antibiotico resistenza, i trial clinici sui nuovi antibiotici arrivati in fase tre. È per quello che sono stato citato così tante volte. Capita così anche agli chef, no? Leghi il loro nome a una specialità ma il loro lavoro è più ampio. Ovviamente se l'attività clinica è coadiuvata da una pubblicazione, allora questa corona il lavoro».

Assieme a Bassetti ci sono i nomi degli altri top italiani. Alberto Mantovani, direttore scientifico dell'Istituto Clinico Humanitas; Massimo Puoti, direttore di Malattie infettive al Niguarda, Giuseppe Ippolito, storico direttore scientifico dello Spallanzani; Cristina Mussini, direttore Clinica di Malattie Infettive nell'aou Policlinico di Modena. C'è lo scienziato Rino Rappuoli, c'è Andrea Antinori, infettivologo e ricercatore allo Spallanzani, c'è Marco Falcone, infettivologo università di Pisa. Ne citiamo solo alcuni ma ce ne sono tanti altri. Nomi per cui a noi che viviamo in Italia e che li abbiamo visti lavorare durante la pandemia, non servono punteggi e classifiche. Conosciamo già bene il peso che hanno. C'è da dire che il calderone delle classifiche non rende giustizia a tutti, soprattutto a quelli che non comunicano i loro risultati ma li lasciano soffocati in un elenco di nomi. Gli H index serviranno tuttavia a determinare gli indicatori per diventare professori o per fissare le «meridiane» per diventare commissari.

E, va bene i parametri scientifici indiscutibili, ma qualche scivolata la fa anche l'Intelligenza artificiale. Che mette in classifica anche Claudio Viscoli, ex direttore della Clinica di Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova, scomparso nel 2020.

E che, ovviamente solo per uno scivolone sulla traduzione automatica, definisce «il mio amico Kim», il primo dei primi: HJ Kim della Kyungpook National University Daegu, South Korea, lo scienziato che ha svettato nelle classifica del suo paese e in quella mondiale per le sue ricerche di fisica.

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