Oggi sapremo la verità. L'Usigrai, lo storico sindacato Rai, ha proclamato 24 ore di sciopero e l'informazione della tv di Stato dovrebbe spegnersi per protestare contro Telemeloni.
Il condizionale è d'obbligo: un sindacato nuovo, Unirai, idealmente vicino al centrodestra, si battezza nell'arena della giornata più difficile e invita ad andare in redazione. Il Tg1 annuncia che sarà regolarmente in onda, e lo stesso potrebbe accadere per il Tg2. Più difficile immaginare che il Tg3, roccaforte storica della sinistra, rinunci al solito vecchio canone: niente servizi e braccia conserte.
L'Usigrai mette all'ordine del giorno una lunga serie di contestazioni, ma gira e rigira parla della tv come «megafono del governo». Insomma, fra presunte censure e bavagli, sarebbe in atto una sorta di normalizzazione dell'etere, appiattendo le notizie sul metro di misura di Palazzo Chigi. Viale Mazzini replica puntando il dito contro l' Usigrai, fucina di «fake news per motivazioni ideologiche e politiche»; il sindacato controreplica a sua volta parlando di «toni da padroni delle ferriere». L'Usigrai elenca una serie di punti dolenti apparentemente tecnici, dall' accorpamento delle testate alla mancata stabilizzazione dei precari, ma poi vira sul caso Scurati con parole durissime: «In questi giorni è diventato di dominio pubblico il tentativo della Rai di censurare un monologo sul 25 aprile, salvo poi, in evidente difficoltà, cercare di trasformarla in una questione economica. Preferiamo perdere uno o più giorni di paga che perdere la nostra libertà». Anche se è agli atti che hotel e viaggio in treno erano stati regolarmente prenotati e dunque la presenza di Scurati in studio era data per scontata.
Comunque sia, è scontro totale a colpi di videocomunicati. E però in questa guerra si inserisce la sigla sindacale nata pochi mesi fa e che prova a sparigliare: «Lunedì 6 maggio i giornalisti di Unirai saranno regolarmente sul posto di lavoro per garantire agli utenti la normale informazione del servizio pubblico». E ancora: «Il servizio pubblico va rafforzato con i fatti e non i proclami tipici di una campagna elettorale».
Si favoleggia di pressioni da una parte dall'altra, per non andare in ufficio o invece, all'opposto, per precettare i redattori che per la prima volta hanno a portata di mano un'alternativa di peso. E c'è chi pensa che lo sciopero possa pure fare flop, aprendo la strada alla rottura di uno storico monopolio della politica dell'informazione.
Ma è difficile azzardare previsioni. Con l'Usigrai si schierano la Federazione nazionale della stampa italiana e il Pd. «Non era mai successo - afferma Sandro Ruotolo, responsabile informazione nella segretaria del Pd - che i vertici della Rai delegittimassero il sindacato più rappresentativo della Rai. Sta accadendo in queste ore, ma fa parte di una strategia complessiva dei vertici di Telemeloni di screditare chi si oppone alla propaganda meloniana».
Per Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia e componente della Commissione di vigilanza Rai «lo sciopero è un diritto da rispettare e non un dovere da imporre. O pensano di fare i picchetti davanti alle sedi Rai?». Oggi si capirà se qualcosa è cambiato davvero.
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