Scoperta choc: feti e resti umani chiusi nei barili dei rifiuti industriali

Dai primi accertamenti potrebbero provenire da un ospedale

Scoperta choc: feti e resti umani chiusi nei barili dei rifiuti industriali

Un deposito di feti alle porte di Bologna. Dimenticati per anni, i resti umani provengono dai lavori di ristrutturazione della biblioteca di anatomia dell'Università. E la Procura del capoluogo emilano apre un fascicolo per «illecito trattamento di rifiuti speciali».

Chi la lasciato i dodici fusti gialli, etichettati come rifiuti biologici speciali, in un deposito nell'area industriale di Granarolo? A fare la macabra scoperta un addetto al recupero di ferro e materiale di scarto delle aziende della zona. Il ragazzo, quando si rende conto del contenuto dei bidoni, chiama il 112. Sul posto, un magazzino di una ditta di trasporti e smaltimento rifiuti in via dell'Artigianato, la squadra mobile bolognese che sequestra il materiale e avverte la Procura. Contattate varie strutture sanitarie, fra cui il policlinico Sant'Orsola, per stabilirne la provenienza.

Per il titolare dell'azienda, però, nessun mistero. «È tutto regolare, è roba di un museo - spiega ai cronisti -. Non ho assolutamente chiesto al giovane di smaltire quei rifiuti. Sono lì, in magazzino, da non so quanti anni e se avessi voluto liberarmene lo avrei fatto da tanto tempo». Il materiale, accantonato per motivi di studio nei magazzini dell'Unibo, sarebbe stato trasferito durante i lavori di sistemazione dei locali della biblioteca universitaria. Lavori che risalirebbe ad almeno una ventina di anni fa. Nessuno, poi, li avrebbe più richiesti, dimenticandoli nel capannone. «Li stavo per caricare sul mio furgone, poi mi sono reso conto del contenuto», avrebbe raccontato il «robivecchi» agli investigatori che si occupano del caso cercando di accertare eventuali responsabilità. «Al momento le indagini in corso non consentono una valutazione piena e chiara dell'accaduto - commenta il rettore dell'Unibo, Giovanni Molari - e sconsigliano di pronunciarsi, nel doveroso rispetto del lavoro svolto dagli inquirenti. Allo stesso tempo stiamo conducendo le opportune verifiche interne. Naturalmente ritengo indispensabile fare piena luce sulla vicenda e forniremo il pieno sostegno agli inquirenti». Insomma, chi si doveva occupare di recuperare il materiale accantonato nel deposito della ditta incaricata dello sgombero dell'ala dedicata allo studio e alla lettura, una volta terminati i lavori? Una dimenticanza grave secondo alcuni che sull'intera vicenda vogliono chiarire ogni passaggio. Intanto l'intera struttura è stata posta sotto sequestro preventivo dopo il sopralluogo dei vigili del fuoco del nucleo Nbcr, il gruppo specializzato chiamato a intervenire in situazioni eccezionali, quando esiste un fondato pericolo di contagio da sostanze nucleari, biologiche, chimiche o radiologiche che potrebbero provocare gravi danni a persone, animali o cose. Secondo gli esperti i fusti, ben conservati, non costituirebbero alcun pericolo. Immersi in un liquido, apparentemente formaldeide, i feti sarebbe ben sigillati all'interno dei contenitori. Il proprietario del capannone sarà interrogato per stabilire se era a conoscenza, o meno, del contenuto dei fusti.

Nel ricostruire la catena degli eventi, soprattutto il perché i fusti con i feti siano finiti nel capannone, potrebbero essere accertate altre responsabilità, ma essendo passati tanti anni è possibile che eventuali reati siano prescritti.

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