Tra i due litiganti, il terzo gode. Scena: lui e lei. Padre e madre. Separati. Litigano perché, nel passaggio dalle scuole elementari alle scuole medie del figlio, non riescono a mettersi d'accordo sulla scuola da fargli frequentare.
Scuola pubblica. O scuola privata. La madre dice pubblica. Il padre dice privata. Alla fine decide il figlio di 11 anni che potrà continuare a stare con i suoi amichetti. È alquanto equanime e rivoluzionaria la sentenza della prima sezione civile del tribunale di Verona dove il collegio presieduto dal giudice Lara Ghermandi, nel decidere una lite tra padre e madre, ha chiesto parere al bambino e dopo averne riscontrato, si legge, «capacità di discernimento e maturità mostrata dal figlio delle parti nel corso della audizione», ha ritenuto rilevante il parere del figlio e ha deciso di soddisfare la volontà del minore. Ossia la scuola pubblica.
La storia è stata raccontata dal Corriere del Veneto. La sentenza decisa in camera di consiglio il 6 aprile scorso, è stata pubblicata pochi giorni fa. Il padre premeva per un istituto privato sia per «l'elevata qualità dell'offerta formativa e dei docenti, anche sotto il profilo della cura per le lingue straniere», la lingua inglese è studiata dal figlio di pomeriggio con insegnante privato, sia per «l'attenzione alla didattica a distanza, assicurata in modo pieno e tempestivo fin dall'inizio dell'emergenza pandemica tuttora in corso» e sia anche per la possibilità di rimanere a scuola al pomeriggio, qualora la madre avesse trovato un lavoro. La madre invece insisteva per l'iscrizione in una scuola pubblica perché le altre due figlie avevano frequentato quello stesso istituto, a poche centinaia di metri da casa e perché quella scuola offre la «possibilità di avvalersi della disponibilità di competenze musicali e di orchestra»: passioni del ragazzino. Ma anche nella scuola privata secondo il padre c'era questa possibilità. Due istituti entrambi validi. Insomma, alla fine, i giudici hanno chiesto parere al minore che è stato sentito senza la presenza dei genitori.
Il ragazzino ha detto di aver parlato con entrambi i genitori delle due scuole ma ha fatto sapere di preferire la pubblica, perché questa gli permetterebbe di continuare a stare con i propri compagni e di essere autonomo data la vicinanza da casa. L'undicenne ha dimostrato «una esplicita e autentica preferenza» per la scuola pubblica perché questa gli garantisce «la possibilità di mantenere i rapporti con i compagni delle elementari» ma anche di poter andare «a scuola a piedi, da solo». Sintomo per i giudici di «un naturale e comprensibile desiderio di progressiva autonomia».
Siccome la reperibilità del lavoro della madre inoltre, non è rischio attuale, per questi motivi la corte ha autorizzato l'iscrizione del minore alla scuola secondaria pubblica di primo grado. Così è deciso. L'udienza è tolta.
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