La scuola è inespugnabile come la Russia per Napoleone

S iamo sopravvissuti a Piccoli, Storti e Malfatti. Essendo soprattutto quest'ultimo, nei cortei sul finire dei Settanta, ministro Dc dell'Istruzione emblema di una scuola che stava cambiando, e non pro bono .

Piccoli insegnanti allevati nell'ubriachezza del Sessantotto crescevano, si facevano strada nell'ideologia (talora nella mitologia) professorale, diventavano via via stortignaccoli (...)

(...) uomini di potere nel recinto che avrebbe dovuto allevare le generazioni del futuro. Anzi, il futuro stesso del Paese. Le vecchie generazioni forgiate dalla scuola di Gentile cedevano il passo all'arrembante generazione venuta su a sei politico, esami di gruppo, personale collettivo. Uno spaesamento evidente per ragazzi che, come tutti gli umani, nascono incendiari e dunque contestano. Eppure durante la gestione Malfatti venivano intanto approvati i decreti delegati, con l'idea non disprezzabile di collegare la classe degli insegnanti a quella dei fruitori diretti e interessati all'istruzione: studenti e genitori. Solo che anche in quel caso la contestazione non risparmiava niente e nessuno, al pari di una cieca Erinni reclamava lo sfascio come diritto, e poneva le basi di una regola che si sarebbe affermata sempre di più negli anni a venire: giù le mani, guai a cercare di modificare riti stanchi e munitissime posizioni dominanti. Per qualsiasi governo la scuola sarebbe così diventata come la campagna di Russia per Napoleone, come Stalingrado per Hitler. Inespugnabile.

Figure anonime di ministri - in un dicastero che pure aveva visto eminenze grigie e politici di razza, quali Giovanni Spadolini e Antonio Segni, Gaetano Martino e Aldo Moro - si alternavano così a personaggi di medio calibro che pure provavano a lasciare un segno tangibile della loro presenza in viale Trastevere, sede del ministero scelta dal Duce nel '28. Arrivò la prima donna negli anni Ottanta, la senatrice Franca Falcucci, e le sue circolari finivano al rogo. S'insediò all'inizio dei Novanta Rosetta Russo Iervolino, e la sua «scuola giurassica» finì per scatenare una rabbiosa Pantera (finita al gabbio, dopo le prime fiammate).

Quando infine il rettore di Siena, Luigi Berlinguer, provò a metterci pesantemente mano, primo governo Prodi, fu un vero disastro. Non solo per le contestazioni, ma anche perché quelle furono le basi dell'ulteriore involuzione del meccanismo scolastico. La burocrazia interna prese definitivamente il sopravvento, e il piccolo potere degli insegnanti - nel frattempo da terreno di caccia democristiano erano diventati assicurazione sulla vita della sinistra - assurse a dominio assoluto. Anche quel governo vacillò sotto i colpi della contestazione scolastica; un rituale ormai assodato, che partiva a fine ottobre con l'ondata delle okkupazioni e delle autogestioni, per finire (secondo routine) all'incedere della fine del primo quadrimestre, a gennaio. Nel «generale Inverno» scolastico, gelide ritirate come quelle nefaste all' Armée napoléonienne e alla 22ª Panzer Divisio n, si sono consumati e vanificati i tentativi di riforma berlusconiani, avanzati dalla Moratti e dalla Gelmini. Così potrebbe finire per la campagna di Renzi e Giannini.

Perché una delle verità profonde di questa ardua steppa è racchiusa nella considerazione che i partiti hanno della scuola; più che terreno di coltura per fresche menti, più che laboratorio e cimento di ragazzi da formare, l'Istruzione è un enorme bacino di voti da conquistare (vedi le promesse ai precari di Renzi). Un quieto vivere che si attua nelle mura scolastiche e che si basa su ricatti reciproci. La politica che considera la Scuola come Cenerentola, così da non incentivare certo l'insegnamento come sbocco lavorativo meritevole di considerazione. Professori di ripiego, malpagati e frustrati, che considerano lo stipendio fisso come loro unico benefit. Ne consegue una logica da cane non morde cane, un alibi generalizzato che induce a fare il meno possibile, uno slittamento delle proprie aspirazioni verso altro. Chi ha voglia di fare, o viene estromesso o viene messo nelle condizioni di non nuocere all'omertà collettiva; e si tratta, in entrambi i casi, di professori-missionari che meriterebbero sì il posto fisso, ma in paradiso.

Chiunque provi a scalfire questo potere strisciante di cui è connaturato il quotidiano scolastico, ne paga il prezzo. S'avventura in un territorio inospitale, glaciale, ostile, nel quale i granai vengono dati alle fiamme e i pozzi avvelenati. In bocca al lupo.

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