La devastazione al liceo Severi Correnti di Milano del gennaio scorso -migliaia di euro di danni e la scuola resa inagibile per giorni - è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza infinita delle istituzioni per chi «okkupa» le scuole per le più svariate ragioni e poi lascia una scia di sporcizia e di danni ad arredi e strumenti scolastici. Tanto che il ministro dell'istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha immediatamente reagito comunicando ai dirigenti la nuova linea: d'ora in poi chi rompe paga. Cioè diretti responsabili e le rispettive famiglie.
Decisione giusta? Non giusta? Molto giusta rispondono in coro gli italiani (campione rappresentativo di 1400 adulti) intervistati da Swg in una rilevazione del 5 marzo scorso sui temi caldi della scuola. Ben otto italiani su dieci sono dunque convinti che la strada imboccata da Valditara sia quella più corretta: in caso di danneggiamenti alle strutture della scuola vanno individuati i diretti responsabili per una denuncia e per la richiesta di un risarcimento danni. E non c'è molta differenza tra destra e sinistra nel sostenere la linea dura. Se è vero che il 90% di chi è d'accordo vota per la maggioranza, gli elettori dell'opposizione che sostengono la linea Valditara raggiungono l'80%. Dunque tutti d'accordo a far pagare solo agli studenti responsabili le spese per le pulizie straordinarie o per la sostituzione degli arredi e di ogni attrezzatura di proprietà della scuola. E l'intera comunità scolastica non sarà più costretta a coprire i danni con i fondi del contributo volontario. Chi è contrario a questo cambio di passo, uno sparuto 19% degli intervistati, sostiene che le devastazioni sono «cose che capitano» ma tra questi fatalisti solo il 28% ha figli che vanno a scuola e gli altri non sono consapevoli dei danni causati da giorni di lezioni saltate per colpa di pochi irresponsabili.
Il campione intervistato da Swg è chiamato a dare un giudizio anche all'emendamento del governo che modifica alle formule di valutazione nelle elementari. In pratica si dovrebbe tornare ai giudizi sintetici al posto di quelli descrittivi nella scuola primaria. E la maggioranza degli italiani si schiera per un ritorno al passato. In particolare, il 58% si è detto favorevole alle modifiche, il 17% è contrario perché pensa che si possa danneggiare l'autostima del bambino e un altro 17% è indifferente al problema. Alla fine, però, quasi sei italiani su dieci però preferiscono di gran lunga «insufficiente» alla criptica formula «in via di acquisizione»; «sufficiente» anziché «base»; «buono» anziché «intermedio»; «ottimo» anziché «avanzato». La chiarezza ha i suoi pregi anche per i bambini che devono dare di più.
Più delicata la valutazione del disegno di legge di riforma del voto in condotta per le scuole secondarie. Il 77% degli italiani (gli elettori di destra o sinistra la pensano più o meno allo stesso modo) ritiene sia meglio non emarginare il ragazzo sospeso ma tenerlo a scuola per attività di approfondimento legato al suo gesto.
Quando però si parla di bocciare il ragazzo che non ha raggiunto il 6 in condotta l'adesione scende al 60%. Ma se la maggioranza degli elettori di destra e sinistra promuovono comunque le nuove regole, solo chi non ha una chiara posizione politica è meno favorevole alle riforme in corso.
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