La scuola è il punto di partenza per risollevare un Paese in crisi

Come scelgo liberamente dove far operare mio figlio di tonsille, pagando un ticket più che volentieri se il servizio funziona, così devo poter scegliere dove mandarlo a scuola

La scuola è il punto di partenza per risollevare un Paese in crisi

L’11 luglio scorso l’Assessorato all’Istruzione di Regione Lombardia ha ospitato, con i rappresentanti del mondo educativo lombardo, il Commissario UE dott. Tibor Navracsics. Molto attento, ha ascoltato le eccellenze lombarde su alternanza scuola-lavoro, robotica, cibernetica, auspicando scambi e aiuti reciproci tra le istituzioni educative europee. A fronte di tanta eccellenza, mentre si incassava il sì della Corte dei Conti per il bilancio di Regione Lombardia, migliore addirittura dei conti dello Stato (in realtà ci vuole davvero poco), non risulta affatto positiva per tutti la situazione degli 8.826.893 studenti italiani, 1.109.585 dei quali frequentano scuole pubbliche non statali, cioè scuole che non sono gestite dallo Stato, ma che dallo Stato sono controllate e riconosciute come luoghi di istruzione, in base alla legge 62 del 2000.

I ragazzi dello Zen e di Scampia, probabilmente, non hanno mai ascoltato neanche un 1/10 delle tematiche illustrate al Commissario UE. I coraggiosi docenti che a Palermo tengono in piedi la scuola intitolata a Falcone - il quale fa così paura che, con l’illusione di abbatterlo, ci si accanisce contro una statua, il che lo esalta grandemente – e tanti validi insegnanti come loro nel nostro Sud, per anni obtorto collo hanno tollerato la scuola ridotta ad ammortizzatore sociale. Con il posto fisso a mille km di distanza, la penna del medico connivente sarà sempre pronta a stilare un certificato. Oppure interverrà la burocrazia, che permette di stare in aspettativa e fa poi scattare la formazione: tre anni pagati dai cittadini. Docenti di ruolo, ma in aspettativa per occuparsi di politica. Così, dopo qualche guaio, potranno riavere il posto fisso o saranno distaccati nei vari ministeri. Come dire: c’è sempre la chance B. E intanto abbonda il precariato, mancano i docenti di sostegno, le aule sono cadenti, le famiglie devono portare carta di tutti i tipi....

«La mafia e la camorra possono essere combattute partendo dalla scuola» Già. Ma, quando sono proprio queste a impadronirsi della scuola, come si fa? Ben venga lo Stato severo controllore, anche delle scuole che gestisce, per azzerare e ricominciare con una nuova vita, ma è indispensabile cessare ogni tipo di connivenza: si chiudano le scuole fantasma o a piramide rovesciata! Chi c’è dietro queste scuole? La scuola pubblica paritaria è una scuola seria, che riceve la parità sotto lo sguardo garante dello Stato. Se “la scuola privata non paga i docenti”, anzitutto si verifichi se è paritaria, cioè pubblica, e in ogni caso si denunci.

La scuola è il punto di partenza per risollevare un sistema-Paese in crisi. Il Commissario Navracsics, in risposta all’ass. Aprea, ha intravisto nel sistema scolastico lombardo tre obiettivi-chiave: qualità, innovazione, internazionalizzazione. Ci si domanda se ciò sia possibile lungo tutto lo Stivale. Può lo Stato continuare a perdere così tanto tempo, ignorando che il sistema scolastico italiano è classista, regionalista e discriminatorio? Per quale motivo l’Italia non è richiamata su questo, ed è necessario perché altrimenti non si muove? Qualche nostro politico afferma patriotticamente: «Noi non abbiamo bisogno che l’Europa ci richiami». Peccato che le uniche riforme sensate provengano da questa via. Il Commissario avrà pensato: «Ma come? L’Italia, patria della Democrazia, culla e vanto d’Europa, è così mal messa?».

I politici non si chiedono quale sia la cosa giusta, ma: «Se andiamo a votare ora, vinciamo o no?». Ed è così ieri come oggi… Afferma il Commissario Navracsics: «I miei tre punti sono: identità, flessibilità e impegno. Dobbiamo essere certi della nostra identità, allora so che avremo un sistema scolastico che funziona: il successo ha a monte dei valori. Le continue riforme danneggiano il sistema scolastico: è la crisi dell'identità! Rilevo che RL ha una identità certa e il sistema scolastico potrebbe realizzarne i valori. A livello europeo, dobbiamo definire che tipi di cittadini vogliamo in futuro! Dobbiamo anche parlare della cittadinanza responsabile, che poggia su punti certi, dove tutti i cittadini possono collocarsi. Ecco perché i sistemi scolastici svolgono un servizio importante per sanare i divari economici. Se c'è un divario economico, ci sarà anche un divario intellettivo e tutti i trasferimenti sociali saranno più costosi! Quando parliamo di policy scolastica, non possiamo prescindere da ciò. La scuola deve saper aiutare le famiglie, che sono sempre più in crisi. I nostri docenti, in Ungheria, sono tutti e sempre formati e preparati. Va rafforzata e riscoperta l'identità! Se potessimo riscoprire le nostre radici europee, allora potemmo cogliere queste opportunità per rafforzare le politiche scolastiche.

Per quanto riguarda la flessibilità, le discussioni sulla politica scolastica hanno una costante: il mondo cambia e il sistema scolastico resta statico! La parte istituzionale del sistema non riesce a cambiare, ma noi dobbiamo sviluppare nuove forme di collaborazione tra scuola e impresa e dobbiamo sviluppare anche la parte “informale” della scuola! Occorre cioè una nuova distribuzione dei compiti: lasciando quelli tradizionali alla scuola, occorre istituire parallelamente attività formative (legate, ad esempio, alle conoscenze informatiche) e insegnare le competenze di vita. Il modo migliore di insegnare l'imprenditoria è fare impresa. Il terzo punto è l’impegno sociale: ritengo sia importante per il futuro delle politiche scolastiche far incontrare tutte le persone coinvolte, sia per raggiungere un maggior progresso, sia per rendere più equa la società. Un impegno sociale e politico va chiesto a tutti. La formazione degli insegnanti è fondamentale. Credo che l’impegno sociale sia la parte più importante e fondamentale».

A fronte di queste riflessioni, la domanda non è: «Quale scuola vogliamo?», ma: «Quale Paese vogliamo, quali cittadini vogliamo?». Vogliamo cittadini liberi, capaci di pensare, capaci di critica, di scelta? Allora dobbiamo necessariamente metter mano in modo serio alla scuola, che è un colabrodo: perde risorse – anche umane, di pensiero - da tutte le parti. Scopriamo ad esempio che sono trattenuti dagli Uffici scolastici regionali i 400 euro destinati ad ogni bambino della paritaria, bambino che risulta in tal modo discriminato rispetto all’amico che frequenta la statale (discriminato però anche lui: gli cade la scuola in testa, vedrà il susseguirsi vari docenti…).

Lo scandalo del Lazio è il top. Insomma, la domanda resta sempre la stessa: vogliamo o no porre al centro lo studente e il suo diritto di apprendere, restituendo alla famiglia la possibilità di agire liberamente la propria responsabilità educativa in un pluralismo formativo? Le scuole paritarie non sanno più come pagare gli stipendi, le scuole statali sperimentano un senso di frustrazione incredibile, a leggere il resoconto di un tavolo come quello di ieri. La famiglia si vede negato un diritto riconosciuto, il bambino handicappato è escluso. La soluzione è porre fine a questo degrado e introdurre una buona gestione attraverso il costo standard di sostenibilità.

Come scelgo liberamente dove operare mio figlio di tonsille, pagando un ticket più che volentieri se il servizio funziona, così devo poter scegliere dove mandarlo a scuola. Regione Lombardia si faccia avanti. La Sanità lombarda funziona; si trovi il sistema di far funzionare allo stesso modo anche la Scuola…

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