Scuse di Corona. Ma per il pg deve tornare ancora in cella

Fabrizio Corona nel suo percorso di affidamento terapeutico starebbe facendo di tutto tranne che curarsi, utilizzando gli spazi di libertà che gli vengono concessi in modo strumentale

Scuse di Corona. Ma per il pg deve tornare ancora in cella

Fabrizio Corona nel suo percorso di affidamento terapeutico starebbe facendo di tutto tranne che curarsi, utilizzando gli spazi di libertà che gli vengono concessi in modo strumentale, mentre il «rispetto delle prescrizioni» è la prima forma per dimostrare «l'adesione al programma terapeutico». È questa la posizione, esposta ieri davanti al tribunale di Sorveglianza, dal sostituto pg di Milano Antonio Lamanna, che ha chiesto la revoca del differimento pena per l'ex agente fotografico e quindi il suo ritorno in carcere. I giudici, presieduti da Marina Corti, decideranno nei prossimi giorni.

Il fine pena per Corona è fissato per il 17 settembre 2024. Attualmente si trova ai domiciliari, con il beneficio per motivi terapeutici concesso nel dicembre 2019. Anche il giudice Corti, che segue la fase di esecuzione per l'ex re dei paparazzi, ha proposto nelle scorse settimane il rientro in carcere per una serie di violazioni delle prescrizioni. Corona poco prima dell'udienza ha postato su Instagram una lettera: «Mi dispiace - ha scritto -, se ho sbagliato, come dite voi, se ho commesso gravi violazioni, come dite voi (...) vi chiedo scusa». E poi: «Sono un essere umano, non un criminale». L'avvocato Ivano Chiesa invece, che assiste Corona insieme all'avvocato Antonella Calcaterra, ha sintetizzato così fuori dall'aula la linea difensiva: «Le violazioni, ammesso che esistano e per me non esistono, non sono tali da sopravanzare l'importanza del percorso di cura che sta seguendo, fatto di relazioni di esperti che sono tutte positive, un percorso che se venisse interrotto significherebbe buttare via il lavoro fatto finora». Il legale ha ammesso: «Ovviamente è preoccupato». E ha aggiunto: «Rimandarlo in carcere sarebbe un sacrilegio», anche perché, ha sottolineato ancora, l'esigenza di tutelare la sua salute, alla luce del percorso di cura, non può passare in secondo piano rispetto alle presunte violazioni.

Sull'uso continuo dei social e sulle comparsate in tv l'avvocato Chiesa ha spiegato: «Non c'è scritto da nessuna parte che uno in detenzione domiciliare non possa andare in tv e usare i social. Da quanto gli è stato inibito di andare in tv non ci va più, ma i social e la televisione sono il suo lavoro».

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