Alla fine hanno fatto perdere la pazienza anche a lui, l'emblema deambulante e danzante del buonismo, l'uomo sempre, inspiegabilmente, immotivatamente e a volte anche fastidiosamente «positivo», nel senso del pensiero e non dello stramaledetto Covid. Alla fine anche Jovanotti nel suo piccolo - che piccolo non è visto che raccoglie centinaia di migliaia di spettatori in tutta la Penisola - si è incazzato. Seppure tardivamente e con le parole sbagliate. Piccola premessa necessaria: Lorenzo Cherubini sta spopolando con il Jova Beach Party, un megatour, con un sacco di ospiti, sulle spiagge italiane che macina un successo dopo l'altro. Una specie di Festivalbar a immagine e somiglianza di Jovanotti, un rave party politicamente corretto e a portata di famiglia, una Gardaland musicale. Però - ormai è prassi consolidata -, in Italia quando hai troppo successo e le cose ti vanno troppo bene, in qualche modo, anche se sei il buonistissimo Jovanotti, diventi bersaglio di critiche e odio sociale. Così, Cherubini, è stato infilzato con due accuse: aver utilizzato dei lavoratori in nero nel montaggio dei palchi (accusa smentita) e, soprattutto, aver inquinato i lidi tricolori con i suoi mega raduni. Anzi, per la precisione, è stato accusato di «greenwashing», parola così antipatica da meritare di finire subito nella spazzature (ovviamente differenziata).
Insomma, il buonista è finito buonistizzato. E ha iniziato a strillare. «Se voi, econazisti che non siete altro, volete continuare ad attrarre l'attenzione utilizzando la nostra forza, sono fatti vostri. Il nostro è un progetto fatto bene che tiene conto dell'ambiente», ha attaccato il cantante toscano. Posto che il nazismo è una cosa ben più seria di queste piccole bagatelle e bisognerebbe iniziare a pesare le parole, è giusto precisare che Jovanotti scopre i fondamentalisti dell'ecologia solo ora che toccano i suoi interessi. Il profeta della «grande chiesa che passa da Che Guevara e arriva fino a madre Teresa», l'artista del «cancella il debito» che prestò pure una canzone a una campagna elettorale del Pd, all'improvviso si desta dal torpore e scopre che anche tra i «buoni» esistono i cattivi.
Non aveva fatto un plissè quando gli stessi esaltati gretini avevano detto no alla Tav, alla Tap o al nucleare. Ma appena toccano la sua «grande opera» va su tutte le furie e denuncia le storture dei talebani dell'ambientalismo. Privilegi di un «ragazzo fortunato».
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