Se l'amore è usato come esca. Storia delle "trappole di miele"

Da Mata Hari alla "Cindy" di Tel Aviv. Servizi, spie e mitiche figure femminili

Se l'amore è usato come esca. Storia delle "trappole di miele"
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Due sono i mestieri più antichi del mondo. Il primo è illuminato dai lampioni delle nostre strade, il secondo, invece, ha a che fare con la guerra, l'informazione e, soprattutto, i segreti. Già perché di spie (e di agenti provocatori) è piena la storia dell'uomo. Una storia che si mischia, come ovvio che sia, al sesso e alla seduzione. «Honey trap», le chiamano gli 007. Trappole di miele. Perché sono dolci e, soprattutto, perché in esse si rimane invischiati ed è quasi impossibile uscirne.

Mata Hari: un nome, una leggenda. Bella e, soprattutto, sensuale. Si sposa, tramite un annuncio pubblicato su un giornale, con un capitano dell'esercito e finisce in Indonesia dove impara le danze locali. Torna in Francia e si esibisce davanti ad aristocratici e finanzieri. I veli cadono di fronte a loro. E i militari di fronte alla bella Mata, coperta unicamente dai suoi preziosi gioielli. La guerra la accoglie tra le braccia di ufficiali francesi e tedeschi, in un doppio gioco che la porta alla morte (immortalata, come è giusto per una spia del suo calibro, in una falsa foto). Forse, quelle anche sinuose e quello sguardo fiero non servivano più. Mata andava eliminata.

Quanto possano essere dolci e tremende le trappole amorose lo sa bene Mordechai Vanunu, un tecnico nucleare israeliano che aveva lavorato nel centro di Dimona e che, nel 1986, annuncia al mondo che lo Stato ebraico è dotato di un arsenale atomico. Gli 007 di Tel Aviv si mettono sulle sue tracce e lo fanno affiancare da una bella ragazza di nome «Cindy», in realtà Cheryl Ben Tov, un'americana con passaporto israeliano. Lui ovviamente si innamora perdutamente della donna e, mentre i due si trovano in vacanza a Roma, Mordechai viene prima sequestrato dal Mossad e, dopo esser stato drogato, viene rimandato in Israele dove viene condannato a 18 anni di prigionia.

Ora c'è chi dice che Maria Rosaria Boccia, prima di tentare il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, abbia provato ad avvicinare quello dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Ma non solo: c'è anche chi sostiene che la donna sia stata mandata da qualcuno (e, nel caso questa ipotesi fosse confermata, sarebbe interessante sapere chi) per cercare di mettere in crisi il governo. Voci e ipotesi, sia chiaro. Che porterebbero però a una «trappola al miele» dai tratti pompeiani.

Del resto, alla fine di questa vicenda, viene da chiedersi: perché filmare tutto tramite appositi occhiali? Perché scaricare e salvare tutte le conversazioni WhatsApp? Perché registrare tutto e tutti? Non sarà Mata Hari, la Boccia. Ma, del resto, la storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa.

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