Che fracasso questo silenzio elettorale e, soprattutto, che casino. Perché, in purissima e rarefatta linea teorica, dalle ore 00:00 di sabato non si può più parlare di politica. C'è, appunto, il silenzio elettorale. Politici zitti, tv e giornali e siti depoliticizzati. E - sia chiaro - due giorni su trecentosessantacinque senza il bla bla di candidati e aspiranti tali non sarebbero neanche male. Anzi. Ma - sia chiarissimo - sarebbe tutto bello e salutare e più che altro reale se fossimo, chessó, nel 1981 - con Ronald Reagan fresco di elezioni e appena entrato nello studio ovale e François Mitterand asceso all'Eliseo, mentre Bobby Sand si lasciava morire e Rino Gaetano si schiantava con la sua Volvo sulla Nomentana - ma soprattutto quando avevamo una manciata di canali tv, senza satelliti ed eravamo nell'era AI, che non ha niente a che fare con l'intelligenza artificiale ma molto col mondo reale: ante internet. Con i giornali nazionali blindati nelle edicole (quando c'erano) e quelli internazionali merce rarissima da metropoli o aeroporto. Ma, capite bene, che nel 2024 è tutto diverso: basta aprire un social qualsiasi per essere travolti da una pioggia costante, continua e per nulla silente di propaganda elettorale. Mentre i media tradizionali si dedicano alla sopraffina arte della meteorologia e ad altre amenità.
Ma l'effetto paradosso è acuito dalla stessa Europa che va alle urne in ordine sparso, votando in giorni diversi e con leggi differenti sul silenzio elettorale. Come se ci fossero ancora le frontiere, non solo fisiche, ma anche digitali. Come se si potessero fermare i flussi dei social media, come se si potesse impedire a un Paese di pubblicare i sondaggi di un altro Paese. Qualche esempio: l'Olanda ha votato giovedì, smettendo di votare prima che noi iniziassimo; venerdì sono andate alle urne Irlanda e Repubblica Ceca, solo ieri Slovacchia e Lettonia, l'Italia ieri e oggi, tutti gli altri solamente oggi. Sul silenzio elettorale regna il caos sovrano, che non ha nulla a che fare con il sovranismo. Dei ventisette Paesi dell'Unione nove non hanno praticamente alcuna restrizione agli interventi dei candidati e neppure alla pubblicazione dei sondaggi (Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Lituania, Paesi Bassi e Svezia).
Italia, Portogallo e Slovacchia sono tra i più severi con 48 ore (ipotetiche) di silenzio assoluto. Tutti gli altri si limitano a 24 ore, ma con regole differenti per quotidiani, siti, radio e tv. E questa è la fotografia perfetta di un'Unione sempre più disunita. Almeno fino a oggi.
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