Il nuovo incubo del mondo progressista è un sogno. O, quantomeno lo è nelle intenzioni del nuovo presidente degli Stati Uniti che, nel giorno del suo insediamento, è tornato a impastare quella materia onirica che ha contribuito a creare il mito a stelle e strisce. Un «american dream» ovviamente trumpizzato e muskizzato, un sogno in versione riveduta, (s)corretta e aggiornata secondo gli usi, i costumi e pure i tic della coppia che sta facendo implodere tutte le certezze della galassia radical. E il risveglio, almeno a giudicare dalle reazioni di buona parte della stampa europea ed italiana, è stato piuttosto brusco e isterico.
Ma è questo il nuovo sogno americano ed è, ancora una volta, a suo modo un grido di libertà e di liberazione: dalle ossessioni ecologiste che azzoppano l'economia, dall'accoglienza a tutti costi che mette a rischio la sicurezza, dagli eccessi del politicamente corretto che mortifica la libertà di parola, da quel cielo plumbeo di conformismo che tutto omologa, da quella dittatura del gender che vuole ridisegnare la società. E anche, non da ultimo, un grande sogno di riscatto economico. Chi se ne lamenta oggi, molto probabilmente, è chi ieri ha volutamente ignorato il malessere che si stava muovendo sottopelle da una parte e dall'altra dell'oceano e ora trasforma il legittimo nemico in un incubo da combattere in ogni modo.
Così riparte senza sosta quella macchina della mostrificazione che si muove anche sulle gambe delle fake news (vedi il caso del saluto romano di Elon Musk); si riaccende la caccia al presunto e inesistente «fascista» e si allarga su scala planetaria quel conflitto a bassa intensità che troppe volte
abbiamo visto alle nostre latitudini. Non abbiamo certezze su come andrà a finire il nuovo sogno americano, sappiamo solo che questo sogno, al momento, si muove libero e fuori dagli schemi. E questa è già una bella sfida.
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