Il segnale che inquieta Renzi: adesso non è più intoccabile

Il tritacarne delle intercettazioni imbarazzanti che non hanno rilevanza penale ma finiscono sui sui giornali non risparmia più il premier Il suo appeal di riformatore ormai è in declino

Il segnale che inquieta Renzi: adesso non è più intoccabile

D rizzare le antenne. Fosse in vita la buonanima di Francesco Cossiga, avrebbe già inventato qualcuna delle sue e telefonato di gran carriera al fu-Rottamatore. «Matteo, occhio». Per il già sospettoso e diffidentissimo premier Renzi, sarebbe suonato quasi come uno smacco. Ma come: proprio lui, il più ganzo del pollaio, l'uomo che tiene tutto a bada, il prodotto di batteria protetto dalla sorte, ma ancor più che piace alla gente che piace, finire sulla graticola delle intercettazioni? Come mai, com'è possibile, cosa succede?

Forse si tratta di scampoli di fine regime, forse è un solo un battito d'ali in Cina diventato terremoto sulle poliziesche pagine del Fatto quotidiano . Eccessi di Travaglio, diciamo. Eppure qualcosa comincia a muoversi: questo è innegabile, e non nel senso di marcia di Renzi. Lo squadrone di Palazzo Chigi che-tremare-il-mondo-fa in realtà arranca, perde colpi, picchia in testa. Quello che sembrava assodato non lo è più, a cominciare dalla traballante maggioranza in Senato; più che traballante, inesistente. Un gioco di specchi, a volte lasciato al caso, altre alle ferie e alle missioni, talaltra con cabina-regia, ha fatto in modo finora di non far precipitare il governo nel baratro di una crisi. Alternative non ce ne sono, si dice. Non è il momento di votare, si diceva poco tempo fa. La Merkel non vuole, l'Europa poi piange. Ma poi anche il referendum greco ha dimostrato che Angela è un colosso con il tacchetto d'argilla, che un po' di democrazia non ha mai fatto male a nessuno. E che, in fondo, prima o poi quel momento drammatico rappresentato dalla volontà popolare arriverà anche in Italia.

Spunta il sole, canta il gallo, Matteo non è più saldo a cavallo. Prese di posizione impopolari, l'abbraccio troppo tenero con la suddetta Merkel, le riforme che non contano una cicca. Il potere inossidabile che si ossida. Ed ecco finire il premier giovanilista pure lui nel tritacarne delle intercettazioni, il vero quarto potere vigente in Italia. Solo un assaggino, per la verità: qualche considerazione su Letta junior (non tanto carina, ma lo si era capito), qualche traffico istituzionale di troppo, qualche confidenza mal riposta. In definitiva, poco o nulla di che. La novità più grossa sembra proprio che le solite «manine e manone» delle Procure abbiano finalmente rotto la campana di vetro che finora avvolgeva il detto-non detto dell'ex sindaco di Firenze. Qualcosa s'è mosso, qualcosa si muove: ancora presto per dire che cosa e verso dove. Anche tra gli imprenditori più avveduti lo stellone di Rignano è in ribasso. Va in giro a ripetere il solito schema da troppo tempo, per poter sostenere che gli basterà ad arrivare tra i piazzati. Magari tra i piazzisti.

Ieri Matteo s'è ringalluzzito potendosi atteggiare a leader mondiale: di buon mattino incontrando il premier irlandese, nel pomeriggio la presidenta brasiliana Dilma Rousseff. «Non prendiamo più lezioncine dall'Europa, abbiamo fatto un pacchetto di riforme così significativo da non avere precedenti, se le avessero fatte quelli di prima l'economia sarebbe più forte. Resta moltissimo da fare, ma la strada imboccata è quella giusta...», ha propagandato.

Ma poi sono bastate un po' di polemiche sull'Expo, che Renzi considera un po' come il garage di casa sua, un po' di considerazioni economiche e qualche ragionamento sulla brutta aria che tira da quelle intercettazioni pubblicate, per buttare a terra il minimo di buonumore che ci sorregge. Nel frattempo, ecco il solito garrulo cinguettio da Palazzo Chigi. «Produzione industriale, lavoro, riforme: #eppursimuove ». Stai sereno, Matteo: qualcosa si muove, ma non nell'economia (purtroppo).

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