Condanna d'acciaio. L'ex governatore della Puglia Nichi Vendola esce con le ossa rotte dalle motivazioni della sentenza che a fine maggio 2021 lo ha visto colpevole di concorso in concussione aggravata e condannato a 3 anni e 6 mesi nel processo Ambiente svenduto. Di acciaio c'era anche un «sentimento di reale affezione» nei confronti di Girolamo Archinà, referente delle relazioni istituzionali e politiche dell'azienda, condannato a 21 anni e 6 mesi, quasi la stessa pena (22 anni) di Fabio Riva, ex amministratore e proprietario dell'Ilva. Secondo i giudici nei confronti del manager Ilva «c'era un atteggiamento benevolo di Vendola», che per i giudici avrebbe esercitato pressioni indebite su Giorgio Assennato (condannato a 2 anni per favoreggiamento) perché da dg di Arpa Puglia, l'Agenzia dell'ambiente della Regione, chiudesse un occhio sulla disastrosa situazione ambientale dell'acciaieria. «Il tono complessivo del dialogo tra Vendola e Archinà - scrivono i giudici - denota una confidenzialità ed una sintonia davvero singolari». È Vendola che chiama in prima persona il responsabile delle relazioni esterne di Ilva, alle 22.01 di sera, in un orario «inconsueto con un'attività di natura istituzionale per finire agli argomenti di conversazione, di carattere prevalentemente personale».
Secondo i giudici della Corte d'Assise Vendola, Riva e gli altri condannati avrebbero «messo in pericolo concreto la vita e la integrità fisica dei lavoratori dello stesso stabilimento e quella dei cittadini di Taranto», dove si registra un picco di mortalità per tumori e la presenza di diossina persino nel latte materno. Una violenza al territorio frutto anche di una scarsa attenzione nei controlli di tutte le autorità, a partire dalla Regione guidata dall'ex leader comunista, che oggi si gode una pensione dorata con il compagno e un figlio, nato in Canada da madre surrogata. L'amicizia con Archinà sarebbe confermata da quanto dicono sia Fabio Riva sia l'avvocato Francesco Perli, uno dei legali dell'azienda, condannato a 5 anni e 6 mesi. Nella sentenza la Corte cita anche un incontro in Regione del 15 luglio 2010 nel quale l'ex dg Arpa Assennato era stato escluso.
Oggi che la fabbrica è in bolletta e rischia la nazionalizzazione, la sentenza ha un sapore amarissimo. Proprio ieri il ministro delle Imprese Adolfo Urso si è detto oltremodo pessimista: «Saliamo su un treno in corsa che sta deragliando», afferma. Come è noto la società ArcelorMittal, che ha rilevato l'azienda dai Riva, ha stracciato gli accordi presi, tagliando del 50% la produzione (tre milioni di tonnellate anziché sei). C'è anche un miliardo di euro da mettere sul tavolo, ma serve un accordo sulla governance.
La sentenza demolisce anche quel che resta della credibilità dei leader dei Verdi-Si Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Quest'ultimo è stato condannato per favoreggiamento (pena prescritta) ma deve risarcire le spese legali a Bonelli, suo compagno di scranno. Altro che patto d'acciaio.
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