Un fisco che sia «motore di sviluppo» e non solo uno strumento per raccogliere risorse; una politica che «deve scegliere sulle infrastrutture»; e «rendere strutturali le agevolazioni su ricerca, formazione e industria 4.0». Perché «non esiste un piccolo mondo antico a cui tornare» ma sono sempre e solo le «imprese che generano la ripresa». Alla sua prima da presidente di Assolombarda - la maggiore associazione territoriale del sistema Confindustria - Alessandro Spada elenca le sue priorità. Quelle di un territorio che pesa per il 2% in termini di chilometri quadri sul totale nazionale (con Milano, Lodi, Monza Brianza e Pavia), «ma per il 13% sul Pil e sull'export».
La cornice è una location «Covid free» non banale: l'hangar dell'aeroporto Forlanini di Milano, spazio ampio, coperto, ma aperto verso la prima fredda mattinata autunnale di Milano. Distanze rispettate, mascherine sempre su e collegamento in mega schermo con il commissario economico Ue Paolo Gentiloni da Bruxelles. D'altra parte non è retorica ricordare che siamo nel cuore di una zona tra le 3-4 più industrializzate e ricche d'Europa e, non a caso, anche la prima del continente a sperimentare, nel marzo scorso, la tragedia del coronavirus arrivato dalla Cina. Idealmente niente di più indicato per segnare, oggi, la ripartenza. Ma purtroppo ci siamo arrivati tutti di nuovo inguaiati. E questo peso, ieri, si è sentito.
Per Spada il compito, davanti all'assemblea pubblica, non era semplice: il presidente eletto di Assolombarda (nel 2017) è Carlo Bonomi, che da maggio è però passato al vertice di Confindustria. Spada era il suo vice ed è subentrato nel momento più difficile del dopoguerra. Inoltre, se la guida degli industriali di queste province lombarde è da sempre strategica, con Bonomi appena sbarcato in viale dell'Astronomia la leadership ha perso un po' di forza nel recitare il controcanto del Nord industriale verso la Confindustria centrale: oggi non serve più.
Forse per questo Spada ha puntato tutto sulla «narrazione» (attraverso un lungo filmato) di un territorio lombardo vocato a ogni tipo di impresa e di successo anche in tempo di Covid, grazie alle sue risorse e al Dna dei suoi industriali. Con la notazione che però «nessuno si salva da solo». Effetto senz'altro positivo.
Ma che ha lasciato privo di valutazioni il ventaglio di questioni di grande attualità che impegnano ora milanesi e lombardi: dallo smartworking al rischio lockdown; dalla sanità alla mobilità. Nessun giudizio o proposte alternative rispetto a quello che i governi nazionale e locale ci stanno offrendo.
«Non era quella la missione» commenta nell'hangar un peso massimo del sistema confindustriale del Nord. Sistema che in effetti appare più compatto del solito dietro a Bonomi; come se i focolai di dissenso si fossero estinti per concentrare le forze (quelle rimaste in un corpo intermedio comunque sempre più debole) su alcuni obiettivi considerati primari. Fisco, infrastrutture, l'industria 4.0, produttività da tirare fuori con i rinnovi contrattuali. E naturalmente il Mes: «Quando come imprese - dice Spada - troviamo un prestito a condizioni migliori di quelle del mercato, non perdiamo tempo e prendiamo quel prestito».
Così l'intervento conclusivo dello stesso Bonomi ha ripercorso i punti che il leader
degli industriali ripete da tempo. E lo ha fatto confermando i toni non più di protesta, bensì da proposta. È la nuova fase nei rapporti con il governo. In attesa di portare a casa qualche risultato concreto al più presto.
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