Sestriere, Cimenti muore sotto la slavina

All'alpinista veterano dell'Himalaya fatale la gita sulla sua montagna con un amico

Sestriere, Cimenti muore sotto la slavina
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Aveva scalato il Nanga Parbat, aveva salvato un amico, restandogli accanto in una lunghissima notte himalayana ai piedi del Gasherbrun VII, aveva vinto il Covid lo scorso marzo e a quel doppio nome, così sabaudo, preferiva un diminutivo che, guarda caso, data la sua passione per le salite, sembrava un paradosso. «Cala» era Carlo Alberto Cimenti e da ieri le sue tracce nella neve si sono fermata fra i boschi di Sestriere, Sauze e Cesana. Montagne olimpiche, le sue montagne, che «Cala», 45enne indomito ed esperto, amava, ben conosceva e che se lo sono preso.

Lui veniva dalla valle del Chisone, Pragelato, e ieri era in compagnia di un amico, Patrick Negro, morto anch'egli per quelli che sembrano gli inganni di una grande valanga. A segnalarne il soffio e la corsa fatale sono stati i carabinieri che hanno notato il fronte di una grande slavina fra il col Chavet e cima del Bosco. Nessuno aveva ancora dato l'allarme, perché era pomeriggio: ma le forze dell'ordine, indagando con un binocolo il pendio, hanno fatto partire una segnalazione al soccorso alpino che ha deciso di perlustrare la zona. Poco più tardi un'auto è stata trovata parcheggiata in valle Argentera alla partenza di un percorso che porta proprio nella zona della valanga: l'auto era quella di Cimenti e Negro. A quel punto l'elisoccorso aveva già depositato le sue squadre sulla montagna. Il piemontese era partito in mattinata con gli sci da alpinismo. Compagno dell'alpinista Erika Siffredi, si erano scambiati promesse d'amore proprio sull'Himalaya, dove Cala era stato di casa tante volte. Nel 2013 aveva scalato tre 7mila: Korzhenevskaya Peak, Lenin Peak e Khan Tengri Peak; nel 2015 era diventato il primo e unico italiano ad avere conseguito lo Snowleopard, raggiungendo le 5 montagne più alte del Pamir e del Tien Shan, scendendo con gli sci. Nel 2017 aveva «sciato» il Dhaulagiri (8.156 metri). Nell'estate del 2019 era scampato a un grave incidente in Pakistan, sul Gasherbrun VII. Allora Cimenti era arrivato in cima, scendendo poi con gli sci. Ad accompagnarlo c'era Francesco Saccardo, medico milanese appassionato di montagna. Lui aveva lavorato in un ospedale del Pakistan per insegnare l'utilizzo di un ecografo. Dopo la missione umanitaria, il doc di Rivoli aveva deciso di accompagnare Cimenti sul GVII. Nell'ultimo tratto di salita, però i due si erano divisi. Saccardo non si era sentito di proseguire fino alla cima. Allora la tragedia fu solo sfiorata: Saccardo precipitò a valle riportando fratture multiple.

Da buon medico, la sua auto diagnosi fu spietata e perfetta. Cimenti, allora, corse al campo base per recuperar viveri e indumenti, risalì dal compagno e lo vegliò tutto la notte, in un bivacco gelido e disperato. Allora sembrò una favola. Oggi è un incubo.

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