La sfida delle iraniane contro l'hijab. Scatta la repressione degli ayatollah

Protesta alimentata sui social. Record di esecuzioni nel 2022

La sfida delle iraniane contro l'hijab. Scatta la repressione degli ayatollah

Migliaia di donne hanno marciato per le strade di Teheran e di altre città a capo scoperto, senza il tradizionale velo. Una sfida aperta agli ayatollah proprio in occasione della «Giornata nazionale dell'hijab e della castità», che si celebra il 12 luglio. La protesta è riesplosa, alimentata da una campagna sui social con l'hashtag #Hijab_No_Hijab o #No_to_obligatory_Hijab. Un gran numero di video e foto sono diventati virali. In alcuni si vedono giovani e meno giovani senza l'hijab. Altri mostrano il violento confronto con la polizia. In uno si vede una madre che urla e chiede alla polizia di non portare via con il furgone la figlia arrestata, perché malata. L'obbligo del velo è tornato a lacerare la Repubblica islamica. «L'Occidente ha da tempo tentato di iniettare l'idea che la politica e la religione siano separate, ma il popolo iraniano ha rifiutato questa affermazione» ha ribadito la Guida Suprema Ali Khamenei. «L'obiettivo dei nemici è diffondere il dubbio tra le persone e scuotere la loro fede, che è il fattore principale per il mantenimento del Paese». Poi ha aggiunto che è l'Occidente stesso ad aver trasformato le donne in merci. In base alla legge iraniana della sharia, imposta dopo la rivoluzione del 1979, le donne sono obbligate a coprirsi i capelli e a indossare abiti lunghi e larghi per mascherare la propria figura. I trasgressori devono affrontare rimproveri pubblici, multe o arresti. Ma decenni dopo la rivoluzione, i religiosi al potere lottano ancora per far rispettare la legge. Molte donne di tutte le età e background indossano cappotti attillati lunghi fino alle cosce e sciarpe dai colori vivaci spinte indietro per mostrare i capelli.

Ma i punti oscuri del regime sono anche altri. Il Centro Abdorrahman Boroumand per i diritti umani e Amnesty International hanno reso noto che in Iran, nei primi sei mesi del 2022, sono state messe a morte almeno 251 persone. Di questo passo il totale delle esecuzioni del 2021, 314, sarà superato ben presto. «Nei primi sei mesi del 2022 le autorità iraniane hanno eseguito in media almeno una condanna a morte al giorno. Questa macchina della morte statale mette in atto un abominevole assalto al diritto alla vita. Si rischia di tornare al 2015, quando vi fu un'altra scioccante ondata di esecuzioni», ha dichiarato Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l'Africa del Nord. «Chiediamo una moratoria sulle esecuzioni in vista della completa abolizione della pena capitale», ha aggiunto invece Roya Boroumand, direttrice del Centro Abdorrahman Boroumand.

La maggior parte delle esecuzioni del primo semestre del 2022, 146, hanno riguardato il reato di omicidio. Ma sono state eseguite al termine di processi irregolari.

Almeno 86 prigionieri sono stati messi a morte per reati di droga per i quali, secondo il diritto internazionale, non dovrebbe essere inflitta la pena capitale. Il numero reale è probabile che sia più alto, data la segretezza che circonda la pena di morte in Iran.

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