L'atteso secondo tempo delle elezioni francesi stasera darà un responso sui futuri equilibri politici dell'Assemblea nazionale. E non è detto che sia chiaro al punto da tracciare una maggioranza assoluta. In pole, secondo i sondaggi, ci sono sempre i lepenisti del Rassemblement national; scesi però nelle proiezioni ben al di sotto della soglia che garantirebbe un incarico a Jordan Bardella e dunque una «coabitazione» immediata: quei 289 deputati che disegnano la maggioranza assoluta sembrano fuori portata. Unica certezza: la «maggioranza presidenziale» è già diventata «minoranza». Ultime proiezioni dicono Rn tra 170 e 210 seggi; Nuovo fronte popolare 155-185; Ensamble, i macroniani, 120-150.
Spaccate anche le famiglie: «Mai una divisione così forte fra le mura di casa», raccontano da giorni quotidiani e settimanali, tv e tg. Perché, più che sui media o su X, o perfino nei sondaggi, è lì, fra le mura di casa, che si capisce quanta incertezza ci sia in questo secondo tempo. Ma la gara senza esclusione di colpi, sul filo dello scoccare del silenzio elettorale, ha visto anche la stampa entrare nell'agone politico e l'editore Vincent Bollorè considerato vicino ai lepenisti. Il suo Journal du dimanche ha infatti dato on line la notizia di una sospensione di parti della controversa legge immigrazione, che il premier uscente avrebbe messo in previsione: togliere cioè parti del testo votate anche dalla destra pochi mesi fa per dare un segnale alla sinistra e facilitare quel processo che, in caso di mancata maggioranza chiara del Rn, potrebbe portare verso un abbraccio macroniani-gauche per formare un futuro governo. Magari guidato ancora dall'uscente Attal.
Il rischio «palude» è dietro l'angolo. E fors'anche per orientare gli indecisi il gruppo del JDD ha provato la zampata. Bardella ha scritto su X che la legge sull'immigrazione varata dopo ampia discussione parlamentare sarebbe stata superata con un colpo di mano, e ha fatto appello a «impedire una coalizione Macron-Mélenchon». Il problema della Macronie finora è stato - tra gli altri - proprio quello di non avere i numeri per far passare provvedimenti in autonomia; la maggioranza del presidente era stata costretta pure sull'immigrazione a convergere e allargare il dibattito. Attal è però intervenuto smentendo seccamente l'operazione: «Il Rn ha ripreso informazioni false nella speranza che non avessimo il tempo di rispondere. Ottima coordinazione, ma l'informazione è smentita. I francesi meritano di meglio di questi metodi trumpiani». Col premier si sono schierati anche i ministri dell'Interno e degli Esteri, Darmanin e Séjournè, bollando l'operazione «fake news» come vergognosa.
Cinque scenari in piedi: 1) il Rn ottiene i 289, e a quel punto Bardella sarebbe premier in coabitazione; 2) il Rn non ha la maggioranza assoluta ma si avvicina, e trattando su programma e incarichi riesce a raggiungerla con aggiunte neogolliste e indipendenti, e anche così Bardella può governare; 3) il Rn è molto lontano dalla maggioranza assoluta, e a quel punto, con la regia eventuale del capo dello Stato, si va verso una coalizione dei moderati in Assemblée, cercando una figura non connotata dall'estrema sinistra. Si spaccherebbe il fronte popolare, ma si avrebbe un esecutivo politico, pur nel paradosso che vedrebbe governare un centrosinistra posticcio in un Paese che vira e vota a destra; 4) il Rn esce dal voto molto lontano dalla maggioranza assoluta. Quasi certamente a quel punto l'uscente Attal gestirebbe gli affari correnti da Matignon, orientando il sistema verso un governo tecnico d'esempio italiano. Quinto scenario, non del tutto escluso: le dimissioni di Macron.
Lui ha voluto azzardare. Potrebbe lasciare come assunzione di responsabilità, anziché condannare la Francia alla «palude». O all'ammucchiata. Anche per evitarla, c'è voglia di voto: si prevede un'affluenza storica tra il 64% e il 68%.
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