Il racconto dei racconti dell'alta moda di Parigi nella nuova versione digitale aperta a tutti e quindi democratica, ma pur sempre angosciosa perché imposta dalla pandemia, comincia alle 14,30 in punto. In realtà siamo online da ore e abbiamo già sentito il discorso di apertura ufficiale della kermesse (da ieri mattina fino a domani sera) tenuto da Naomi Campbell senza una ruga in viso, ma con due due palline da ping pong al posto degli zigomi. Sull'eccellente piattaforma della Chambre Syndicale de la couture abbiamo pure scoperto che Olivier Theyskiens è approdato da Azzaro Couture. Ma il brivido caldo dell'emozione, la bellezza allo stato puro e il senso del fiabesco arrivano solo quando in rete viene lanciato Le Mythe Dior, un fenomenale cortometraggio realizzato da Matteo Garrone sulla collezione couture creata da Maria Grazia Chiuri durante il lockdown. «L'abbiamo fatta al telefono e via zoom: io a Roma con la mia famiglia, sarte e premiere nelle loro case sulle rive della Senna, fornitori e collaboratori sparsi tra Italia e Francia ma sempre in casa perchè l'azienda ha subito avviato dei severissimi protocolli di sicurezza» racconta la prima donna alla direzione creativa del marchio in 73 anni di storia. Inizia così un andirivieni di tele da appuntare sul manichino per poi compiere quella magia sartoriale detta «sdifettare». Basta appuntare l'ago un millimetro sopra o sotto il punto giusto per fare un disastro. Da qui l'idea di ricostruire il cosiddetto Teatro della Moda, ovvero quell'intelligente iniziativa corale degli stilisti francesi che nel 1945, appena finita la guerra, decisero di mandare in giro per il mondo le loro creazioni indossate da piccoli manichini realizzati in scala al 40 per cento. Il film di Garrone comincia sulla struggente scena delle mani di una donna che cuciono innumerevoli cristalli su un minuscolo abito da sera mentre. Dalla soggettiva si passa alla visione d'insieme dell'atelier dove fervono i lavori sui manichini grandi e piccoli perché alcune sarte hanno deciso di lavorare prima in scala, mentre altre hanno fatto il contrario. Da qui al mito è un attimo e in conferenza stampa via zoom Garrone racconta di aver girato tutto a Roma nel bosco del Sasseto e nei Giardini di Ninfa. Ci sono sirene, ninfe, un fauno che tenta di sedurre la fata del bosco, Orfeo ed Euridice e il povero Narciso visibilmente abbattuto perché il magnifico baule portato in giro per i boschi da due portantini non è destinato a lui ma alle divine creature che simboleggiano l'eterno femminino. La bellezza degli abiti sui manichini sveglia il desiderio di tutte le donne del film ed è proprio questo che succederà quando i diversi bauli contenenti da 6 a 8 manichini raggiungeranno le varie sedi Dior nel mondo per mostrare alle clienti dell'alta moda questa meravigliosa couture. Potrebbe essere bellissima anche la collezione immaginaria creata da Daniel Roseberry per Schiaparelli su una panchina dei giardini di Washington Square a New York. Bloccato in America da tre mesi, il designer ha disegnato maniche incredibili e abiti da sogno che aspettano solo di poter essere realizzati. Si torna al mito ma in chiave junghiana con il bel film Elettra girato da Asia Argento con sua figlia Anna Lou per Antonio Grimaldi.
«Con pochissimo abbiamo fatto tantissimo» dice la diva raccontando della scena della sua catartica uccisione in una stanza dell'hotel Locarno di Roma mentre gli esterni sono stati felicemente girati al Museo Etrusco di Villa Giulia. Gli abiti si vedono benissimo, la storia fa un po' male al cuore, ma si sa che bisogna morire per poter rinascere.
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