Mancava solo l'accusa di patriarcato alla Meloni, prima donna premier, un padre sparito quando era piccola, una famiglia tutta al femminile. È arrivata anche quella, da una ultras del femminismo in salsa Pd come Dietlinde Gruber, detta Lilli, ex europarlamentare di sinistra, conduttrice su La7.
Un'aggressione a freddo, durante la puntata sull'omicidio di Giulia Cecchettin (nella foto), partita prima con la tradizionale accusa per cui « in Italia c'è una forte cultura patriarcale e questa destra-destra al potere non la sta contrastando». Poi, con una domanda alla ospite, in cui la conduttrice, nel riferirsi «alla presidente del Consiglio» si ricorda con fastidio che «però ci tiene ad essere chiamata il presidente, mistero della fede per me, sarà anche questa una cultura di destra patriarcale». La scelta lessicale era già stata spiegata a suo tempo da Palazzo Chigi, non certo un retaggio «patriarcale», ma una indicazione arrivata dall'Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le Onorificenze secondo il quale l'appellativo corretto da usare, anche per una donna capo del governo, è «il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri», a cui la Meloni ha però tolto il «signor». Nessuna «cultura di destra» dietro l'uso di quell'espressione, quindi, tantomeno una scelta maschilista da parte della leader di Fdi, che invece tiene molto alla questione dei diritti femminili (e anzi, considera sessisti molti attacchi alla sua persona, in particolare dopo la dolorosa separazione con il compagno Giambruno).
La Meloni si è quindi sentita toccata sul vivo e ha risposto a tono all'attacco scomposto della giornalista, pubblicando sui social un post: «Non so come facciano certe persone a trovare il coraggio di strumentalizzare anche le tragedie più orribili pur di attaccare il governo. Ora la nuova bizzarra tesi sostenuta da Lilli Gruber nella sua trasmissione di ieri sera è che io sarei espressione di una cultura patriarcale. Come chiaramente si evince da questa foto che ritrae ben quattro generazioni di cultura patriarcale della mia famiglia. Davvero senza parole». Nell'immagine che accompagna il messaggio si vede la Meloni, da poco madre, con in braccio la figlia piccola Ginevra, e al suo fianco la mamma e la nonna. Risposta che la Gruber, capovolgendo tutto, definisce «un attacco alla stampa» da parte di una leader «poco abituata alla democrazia», ma «per fortuna, il diritto al pensiero libero e critico è ancora ben tutelato dalla nostra Costituzione». Un'autodifesa a cui persino il Pd fatica ad andare dietro, infatti si levano solo un paio di voci a supporto della giornalista, dagli altri silenzio.
Chi parla invece è il centrodestra. La senatrice di Fdi Domenica Spinelli premette di rivolgersi alla Gruber «da donna e mamma», per dirle «che è violenza anche un certo modo di fare giornalismo. È violenza attaccare altre donne per partito preso, utilizzare la comunicazione a mezzo tv senza obiettività». Il ministro Francesco Lollobrigida, da cognato della Meloni, conosce bene la storia personale della premier, una donna «cresciuta senza padre» e «con una famiglia sostanzialmente caratterizzata al femminile». «É un paradosso definirla patriarcale», la Gruber «si è mostrata nella sua debolezza e faziosità oggettiva».
Commenta anche il senatore azzurro Maurizio Gasparri: «Trasforma un momento di grande dolore di tutta la nazione in un'occasione di polemica». Ma è bene che «faccia quello che fa perché sono proprio persone come la Gruber che rafforzano il centrodestra e l'area moderata».
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