«A prite quel portellone!». Il camioncino bianco con la scritta Asur, Asl regionale, si ferma, l'autista scende con un viso rassegnato. «Fotografate, filmate», incita il sindaco. «Ci stanno portando via le medicine!». Si accosta un finanziere, due vigili urbani. Un check point da zona di guerra in un paese di tremila anime, città del mandorlo, ingresso ai Monti Sibillini. Si apre il retro del furgone. Un portellone, l'altro. Interno vuoto, nemmeno una scatola di mentine. I cittadini si precipitano dalla discesa dell'ospedale Vittorio Emanuele II. «Volevano prenderci venti letti! Ci vampirizzano l'ospedale».
Visto il vento sfavorevolissimo, il furgoncino si volatilizza. Per il sindaco, Adolfo Marinangeli, somiglianza netta con Renzo Arbore, la scena del portellone vale più di dieci comizi. «Bravo sindaco!». Ma chi vi voleva prendere i letti? «Non proprio rubare, ma quasi si affannano a rispondere le voci di popolo - La Asl, per portarli nell'ospedale di Fermo». «E pure i comodini. Hanno forzato il posto di blocco e stavano travolgendo una vigilessa». Il sindaco conferma. È la giornata più concitata per Amandola dal giorno del terremoto. Amandola, Comune montano della provincia di Fermo, una trentina di chilometri dall'epicentro del sisma: qui si trova il secondo ospedale della zona dopo quello di Amatrice. Tutta la struttura, 44 ammalati tra il reparto di Medicina e la Rsa, residenza assistita, è stata sgomberata in una drammatica operazione di soccorso che ha coinvolto l'intero paese la notte del sisma. Ora è inagibile. I due ospedali delle aree terremotate, Amatrice e Mandola, sono entrambi inutilizzabili. Due ospedali inutili nell'emergenza.
«La cosa sconfortante però spiega il sindaco - è che mentre si parla dei tempi di riapertura, con un blitz, senza avvertirci, la Asl voleva portare via letti, comodini e farmaci per trasferirli nell'ospedale di Fermo. È un'umiliazione per delle persone che stanno vivendo un momento difficile». Tutti risalgono verso l'ingresso e si improvvisa un confronto pubblico. «Venite tutti qui domani a difendere l'ospedale. Si svolgerà un'assemblea con i dirigenti della Asl», annuncia Marinangeli. Il capannello cresce. «Faremo una catena umana», applaudono gli amandolesi. Arriveranno persone da tutta la valle, perché l'ospedale è l'unico punto di ricovero nel raggio di cinquanta chilometri. Un'ora per raggiungere Fermo e Ascoli.
Amandola è da poche ore nel mirino della procura di Ascoli con l'iscrizione dell'ospedale Vittorio Emanuele nel fascicolo aperto dopo il terremoto. Danni non strutturali ma funzionali, abbastanza seri comunque da indurre i magistrati a voler capire meglio come stanno le cose. Soprattutto perché ha retto la parte antica, quella risalente ai primi del 900, mentre ha riportato danni l'ala più recente edificata negli anni 90, e soprattutto la struttura più nuova, il ricovero per anziani, inaugurata nell'estate del 2014. La palazzina rosa «era costruita con norme antisismiche», garantisce il sindaco. I crolli «hanno interessato solo i tramezzi. In sei mesi, un anno l'ospedale verrà riaperto».
I malati sono stati trasferiti a Fermo, nel reparto di urologia che era chiuso «e dunque disponibile, non c'erano problemi di posti e letti», sottolineano gli infermieri. «Ma bisogna recuperare da Amandola attrezzature, arredi di valore e farmaci», interviene la Regione.
«La scadenza dei farmaci è dicembre 2017», mostra le etichette Marinangeli. I comuni montani si sono offerti di comperare letti per Fermo pur essendo in area terremotata, il paradosso. Oggi la catena umana davanti all'ospedale.
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