Antonio Tajani, vicepresidente del Partito Popolare Europeo, vicepresidente e coordinatore unico nazionale di Forza Italia, già presidente del Parlamento europeo, è tra i massimi conoscitori dei trattati comunitari e delle diplomazie di Bruxelles. Come si esce da questo impasse su sanzioni ed energia? Crede all'Europa a due velocità?
«E come si decide chi va a una velocità e chi a una più lenta? Chi fa le liste dei Paesi? No, almeno non in prima battuta. La strada maestra è quella della modifica dei trattati. Per principio sono sempre contrario a lasciare indietro qualcuno. Se poi ci sono Stati che non vogliono venire, allora è un altro discorso».
Unione a 27 first.
«Deve essere sempre la prima scelta perché tu sei forte politicamente se lo sei anche economicamente, e viceversa. Quindi bisogna avere una politica economica per l'Unione, non solo per alcuni paesi».
Sull'energia l'Unione si è impantanata per i veti dei singoli stati membri. Non vale la pena di superare il vincolo dell'unanimità e procedere con «cooperazione rafforzata», il modello dell'euro per intenderci, adottato da 19 Stati su 27?
«Sulla questione energetica si può provare ad andare avanti e vedere se gli altri seguono. Ma serve restare una sola Europa sull'energia, dietro a una forte spinta politica. Con la cooperazione rafforzata si possono fare alcune cose, come la gestione dell'immigrazione per esempio, ma non tutte. Per le decisioni strategiche si deve poter decidere a maggioranza, ci deve essere questa possibilità. Se c'è un'emergenza, oggi come si fa? Ci possono essere questioni che richiedono tempi rapidi. Se non si può risolvere un problema urgente in pochi giorni o anche in poche ore se lo richiede, l'Europa è finita».
Quindi cambiare i trattati e la governance che lì sta scritta. Crede sia possibile farlo in questa legislatura europea?
«Bisognerebbe farlo il prima possibile. Dopodiché i trattati sono un tema di Consiglio di europeo, un tema di Stati membri. Non so se nel giro di due anni si può fare. Dovrebbe prevalere il senso di responsabilità per istituzioni che richiedono una grande riforma. Il presidente del Consiglio europeo e quello della Commissione dovrebbe essere lo stesso ed essere eletto a suffragio universale».
È ottimista o scettico?
«Sono determinato. È indispensabile agire rapidamente se l'Europa vuole contare, o avrà sempre tante posizioni deboli e diverse tra loro».
Nel breve, pensa che l'emergenza energetica sia un tema che - come la pandemia- richieda la solidarietà europea rispetto agli Stati che, come l'Italia, soffrono di più la dipendenza dalla Russia?
«Noi di Forza Italia abbiamo fatto una proposta che prevede il rinvio alla reintroduzione del Patto di stabilità al 1 gennaio 2024 e un Recovery fund 2, attraverso emissione di nuovi eurobond. Un fondo per 5 cose: autosufficienza energetica; agroalimentare; difesa; accoglienza rifugiati; ricostruzione Ucraina. Non possiamo mettere tutto sulle spalle di Polonia, Italia e Germania, serve una protezione a livello europeo».
Reazioni? Si farà?
«Adesso si comincia a parlare. Mi pare che ci sia qualche apertura sul rinvio del patto e già la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen parla di nuovi fondi europei».
E i Paesi frugali ?
«I cosiddetti frugali devono capire che è tutto cambiato, che i problemi ora non sono di macroeconomia bensì di microeconomia familiare, le bollette alle stelle, i mutui che salgono. Per questo io sostengo anche che i tassi d'interesse non si debbano toccare. E che il quantitative easing debba andare avanti. O le famiglie non ce la faranno».
Ma lì è la Bce che decide, in totale autonomia.
«Ma la politica si esprime.
Ed è proprio il rischio che i tassi salgano e il quantitative easing finisca, a causa dell'inflazione, che rende sempre più urgente un fondo europeo. Per non continuare ad addossare sui bilanci pubblici spese a tassi crescenti».
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