"Siamo incompatibili con il fascismo". Ma all'opposizione non bastano mai le parole di Meloni

Sarebbero sufficienti le parole di Giorgia Meloni nella sua lettera al Corriere della Sera di ieri per mettere la parola fine a ogni polemica sul tema destra, fascismo e Festa della liberazione

"Siamo incompatibili con il fascismo". Ma all'opposizione non bastano mai le parole di Meloni

Sarebbero sufficienti le parole di Giorgia Meloni nella sua lettera al Corriere della Sera di ieri per mettere la parola fine a ogni polemica sul tema destra, fascismo e Festa della liberazione: «I partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo». La premier ha poi aggiunto: «Il frutto fondamentale del 25 Aprile è stato, e rimane senza dubbio, l'affermazione dei valori democratici, che il fascismo aveva conculcato e che ritroviamo scolpiti nella Costituzione repubblicana».

Parole chiare e inequivocabili che testimoniano un posizionamento della destra italiana senza ambiguità dalla parte della democrazia e della libertà. Se la lettera della Meloni assume una valenza particolarmente importante nella giornata in cui è pubblicata, in realtà già la storia della destra negli ultimi decenni parla da sé. Dalla nascita della Repubblica ad oggi, i partiti di destra si sono riconosciuti nei valori democratici e della nostra Costituzione dando vita a una destra moderna che ha fatto a tutti gli effetti i conti con la storia. Se la svolta di Fiuggi con la nascita di Alleanza Nazionale ha rappresentato un passaggio fondamentale, la fondazione di Fratelli d'Italia è stato un momento ulteriore in un percorso che ha raggiunto il suo coronamento con le elezioni di settembre. Si tratta della «destra di governo» già pensata da Pinuccio Tatarella e resa possibile anche da un'altra svolta, quella conservatrice, che ha portato Giorgia Meloni a diventare presidente del Consiglio. Per definizione il conservatore non è fascista ma ciò non basta a quanti stilano la lista di chi possa e di chi non possa partecipare alle celebrazioni del 25 aprile «secondo punteggi che nulla hanno a che fare con la storia ma molto hanno a che fare con la politica». Il loro obiettivo, scrive Giorgia Meloni «è usare la categoria del fascismo come strumento di delegittimazione di qualsiasi avversario politico». «Un atteggiamento talmente strumentale - aggiunge la Meloni - che negli anni, durante le celebrazioni, ha portato perfino a inaccettabili episodi di intolleranza». Parole profetiche a giudicare da quanto avvenuto nella giornata di ieri con contestazioni a La Russa, Valditara e le foto del premier e dei ministri a testa in giù a Napoli. Ma c'è un aspetto ulteriore che colpisce ed è significativo di come a una certa sinistra, qualsiasi dichiarazione la destra faccia sulla memoria e il passato, non basta mai e chieda sempre di più. Le reazioni alla lettera della Meloni sono in tal senso significative.

Il giornale «La Repubblica», addirittura, la sottopone a «fact-checking». È una sorta di «stalkeraggio». Secondo Sandro Ruotolo, responsabile cultura e memoria del Pd «la presidente Meloni ribadendo la sua incompatibilità con qualsiasi nostalgia non è riuscita neanche questa volta a definirsi antifascista», parole riprese dal suo collega di partito Francesco Boccia: «Spiace che Giorgia Meloni, pur in uno sforzo che le riconosciamo ma che mantiene una evidente reticenza, non riesca a dichiararsi antifascista».

Sulla stessa falsariga il sindaco di Milano Beppe Sala: «Meloni dovrebbe mettere la faccia e dire con chiarezza e in maniera definitiva: siamo antifascisti».

Non poteva mancare Laura Boldrini: «Antifascismo è una parola bellissima e Meloni dovrebbe sentirla sua».

C'è poi il tentativo, con un modus operandi ben noto, di dividere il centrodestra riconoscendo alla Lega e Salvini le dichiarazioni antifasciste e a Berlusconi il discorso di Onna, cercando così di mettere alle strette Giorgia Meloni.

Eppure, già nel suo discorso di insediamento alla Camera a ottobre, la Meloni aveva affermato: «A dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso».

La sensazione che rimane dopo il primo 25 aprile da Presidente del Consiglio per Giorgia Meloni, è la distanza

abissale tra un premier che parla con senso delle istituzioni per favorire la concordia nazionale e una sinistra chiusa in se stessa che deve fare polemica a tutti i costi ed è incapace di riconoscere il valore delle sue parole.

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