
«Non è un Dna bellissimo, questo è vero. Ma è più che sufficiente per fare un confronto. E il confronto ci dice senza margine di dubbio che è il Dna di Andrea Sempio».
Pasquale Linarello è stato il primo genetista a attribuire a Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, il profilo trovato sotto le unghie della ragazza uccisa a Garlasco nel 2007. Otto anni fa la Procura di Pavia ritenne inattendibili le sue conclusioni. Ora i nuovi periti dei pm invece le confermano in pieno: e quelle conclusioni sono alla base della nuova inchiesta per omicidio contro Sempio.
Come arrivò a attribuire il Dna a Sempio?
«Io lavoravo alla cieca, non sapevo che il Dna di confronto era quello trovato sul corpo di Chiara. Lo confrontai con quello trovato sulla tazzina toccata da Sempio, e la conclusione fu inequivocabile: erano compatibili».
Compatibili o uguali?
«Erano identici. Appartenevano alla stessa persona».
Il primo perito della Procura di Pavia dice che il materiale trovato sul corpo non era idoneo a essere utilizzato.
«Sull'unghia del pollice sinistro il materiale era molto parziale. Ma sull'unghia del mignolo destro c'era un profilo del cromosoma Y, quello maschile, utilizzabile per il confronto».
Però nel 2014 il materiale era stato confrontato con il Dna di Stasi e aveva dato risposte contraddittorie e inattendibili.
«Le risposte sembravano contraddittorie perché gli esami erano stati compiuti con modalità diverse. Quelle analisi allora dissero che non era di Stasi, ora sappiamo che è di Sempio. Più esattamente, di un maschio del suo nucleo familiare. Siccome Andrea Sempio non ha fratelli, è suo o di suo padre».
La Procura sette anni fa prosciolse Sempio dicendo che il suo Dna poteva essere sul computer di casa Poggi, che anche Sempio usava. Chiara può averlo toccato sul mouse o sulla tastiera.
«Quando Chiara è stata uccisa, il computer di casa non veniva acceso da tre giorni. Quindi dovremmo ipotizzare che in piena estate, dopo avere toccato il computer, la ragazza non si sia più lavata le mani o fatta una doccia. Che per tre giorni il Dna di Sempio sia rimasto intonso sulle sue unghie è impossibile».
Pensa che Sempio l'abbia toccata al momento dell'aggressione?
«No, perchè il Dna non era sotto le unghie ma sopra. Infatti quando il Ris nel 2007, subito dopo il delitto, lo cercò sotto le unghie non lo trovò».
E questo cosa cambia?
«Cambia il momento del contatto possibile. Vede, se Chiara si fosse difesa lottando contro il suo aggressore, il Dna potrebbe essere sotto le unghie. Ma sappiamo per certo che invece non ha avuto il tempo di difendersi, è stata assalita in modo brutale dopo avere aperto la porta, raggiunta in pieno viso da un colpo che l'ha tramortita. Dopo è stata colpita ancora, trascinata per la casa e buttata dalle scale. È nel momento del trascinamento per le mani che il Dna dell'aggressore può esserle finito sulle dita».
Sono passati diciotto anni. Questo rende tutto più complicato?
«Già nel corso del secondo processo d'appello, che portò alla condanna di Stasi, il professor Avato disse che c'era il profilo di un maschio ignoto. Ma i giudici non gli consentirono di confrontarsi con il loro consulente».
Il materiale genetico originale non esiste più. Se fosse ancora disponibile le analisi sarebbero più sicure?
«La tecnica ha fatto progressi. Ma i risultati che abbiamo in mano sono certi. È il Dna di Sempio».
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