Non possiamo neanche lontanamente immaginare cos'avesse in mente Beppe Grillo quando con Gianroberto Casaleggio fondò un movimento anti sistema che sognava di fare carne da macello della vecchia politica. Era il 4 ottobre 2009. Alla Woodstock 5 Stelle, l'anno dopo, urlava con le vene che sembravano esplodergli dal collo: «Siamo vivi, siamo usciti dalle catacombe. Siamo sopra e oltre. Sopra al nulla della politica, oltre questa civiltà basata su denaro e consumismo». E poi, per distinguersi dagli altri, da quelli rinchiusi nei palazzi romani, intimava: «Non fatevi contaminare dai morti». Questo quindici anni fa, tutt'altra era geologica. Al netto delle immagini colorite crediamo di non sbagliare se ci azzardiamo a ipotizzare che al tempo il guitto, che negli anni ha vestito i panni del guru, dell'Elevato e infine del Garante, sognasse in cuor suo il ruolo del becchino.
D'altra parte Grillo lo ha sempre fatto. Mortificare l'avversario. Quindi non poteva essere altrimenti. A teatro, trascinando la «o» e calcando l'accento genovese, urlava: «Siete morti, vi seppelliremo». Sul blog, poi, si scagliava contro i partiti scrivendo che erano «strutture del passato». Ma soprattutto «zombie che camminano». Con una disgustosa punta di necrofilia, discettava di decomposizione, putrefazione e fetore. E, quando non tirava in ballo cimiteri e cadaveri, vaneggiava su vampiri assetati di sangue. Lo Stato, gli imprenditori, i liberi professionisti. E pure i giornalisti Rai, «la televisione dei morti viventi». Un album degli orrori, di una teatralità macabra che, una volta arrivati a Roma i suoi adepti, era passata dalla comicità alla farsa amara. Perché nel giro di breve era stato chiaro a tutti che, anziché aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, i neo eletti si sarebbero attovagliati al banchetto per rimpinguarsi sino a scoppiare.
Eppure Beppe è sempre rimasto a quel 4 ottobre 2009. Non sappiamo se per fede o convenienza ma non ha mai voltato le spalle a quell'utopia irrealizzabile a cui aveva dato vita con Casaleggio: la democrazia partecipata, l'uno vale uno, la regola (ferrea) del secondo mandato, le alleanze contro natura con altri partiti, le restituzioni e via dicendo. Forse, viene da credere oggi, ci credeva davvero.
E così, quando da Volturara Appula è arrivato un avvocato ben vestito a guastargli il movimento in partito, si è ritrovato al volante di un carro funebre per celebrare il funerale dei suoi stessi ideali, uccisi con un clic in un fine settimana di novembre. Da «siete morti» a «siamo morti». Solo che ora non è più sul palcoscenico del teatro ma lui stesso attore in quello che suona come l'ultimo atto di una commedia di quart'ordine.
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