"Io un passo indietro?". Cosa rivela la figuraccia della Serracchiani con la Meloni

La risposta del presidente Meloni, diventata velocemente virale, dimostra che alla fine la differenza tra chi arriva per merito, e chi per quota, si vede

"Io un passo indietro?". Cosa rivela la figuraccia della Serracchiani con la Meloni

È stata la parte più ricondivisa del discorso programmatico di Giorgia Meloni, quella con la risposta a Debora Serracchiani. Insieme al passaggio con cui il presidente del Consiglio ha chiuso la prima polemica della sinistra contro il governo appena insediato sugli articoli determinativi: "Ho sentito tante discussioni su il presidente, la presidente... Non ho mai pensato che la grandezza della libertà delle donne fosse farsi chiamare capatrena. Sono punti di vista, priorità diverse” , ha detto il presidente Meloni alla Camera.

E così sulla stessa scia è finita anche il capogruppo (o si deve dire capagruppa?) del Pd Serracchiani, che nel suo intervento aveva accusato Meloni di tenere le donne un passo dietro gli uomini. “Ho sentito dire che io vorrei le donne un passo dietro agli uomini. Onorevole Serracchiani, mi guardi. Le sembra che io stia un passo indietro agli uomini?”, ha risposto il presidente Meloni tra gli applausi: "Non so da cosa abbia evinto questa lettura, ma non la condivido. Io stamattina ho parlato di lavoro, di una società che non costringa a scegliere tra lavoro e maternità. Quando si dice di aiutare la famiglia, la natalità, lo si fa per garantire piena libertà: è una sfida quale sulla immagino che siamo d’accordo”.

La scena è diventata virale, spopolando in tv e sui social. Tutti hanno riconosciuto la figuraccia di Serracchiani. Anche Carlo Calenda che ha twittato: “Non ho mai visto un autogol clamoroso come quello di Debora Serracchiani che accusa Meloni di 'volere le donne un passo dietro agli uomini'. Se l'opposizione del Pd è questa la destra può dormire sonni tranquilli”.

Eppure, mentre tutta Italia rideva di Serracchiani, il Pd ha continuato a utilizzare il suo volto, e mandarla avanti come nella notte della sconfitta. E così era lei ieri nei tg a commentare il discorso del presidente Meloni, e la sua faccia sulle cartoline Pd: “Il vostro non è un manifesto programmatico, è un manifesto ideologico".

E se da Calenda, che è a digiuno di politica, ci si può aspettare una critica sulla mancanza di ricette pragmatiche nel discorso di insediamento, spiace che proprio il Pd, che pure nulla ha proposto di concreto su bollette, energia, lavoro, non sappia riconoscere un discorso politico. Perché se non lo riconosce, non potrà neanche contrapporre a quella politica la sua.

Ma Letta come pensa si saranno sentiti gli elettori Pd nel vedere che proprio mentre tutta Italia rideva di quella figuraccia, loro continuavano a mandare in tv e farsi rappresentare da un capogruppo che non riesce neanche a gestire un discorso in aula? E allora ritorniamo al discorso principale. Per quale motivo Serracchiani è stata fatta capogruppo?

Perché quando è arrivato Letta segretario il primo diktat che ha fatto è stato quello di far fuori tutti i renziani. Da qui la scusa di sostituire gli ex capogruppo Marcucci e Del Rio con due donne. Utilizzate e messe in mezzo solo per far fuori i renziani. Ma loro, anziché rispondere no grazie, hanno accettato. Con la stessa logica sono state riconfermate adesso, per rimandare a dopo il congresso la conta tra le correnti.

Non sono state messe li perché sono le migliori, come ha dimostrato la figuraccia di Serracchiani ieri. Ma per quota, corrente, cooptazione. Nel Pd unica leva di selezione della classe dirigente. Altro che uguaglianza. Tutto questo perché ciò che manca al Pd è un leader, uomo o donna che sia.

Quindi continuano a consumare congressi per fare fuori a turno tutti i capobastone.

Questo ci ha dimostrato la scena di ieri tra Meloni e Serracchiani: la differenza tra chi arriva per quota e chi per merito, alla fine, si vede.

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