La parola d'ordine è «responsabilità». Compare in tutti gli appelli, che in queste ore si moltiplicano. «Il governo vada avanti». Dai sindaci, a Confindustria alle categorie economiche. È un coro, quello che si sta alzando.
Appelli diretti al presidente del Consiglio Mario Draghi, perché resti al suo posto, ma anche richiami indirizzati ai partiti, affinché gli consentano di portare avanti il lavoro, in un momento delicato come questo, in cui sul futuro del Paese si addensano già prospettive nebulose, sintetizzate nell'analisi di Bloomberg Economics, che vede «problemi per i titoli di Stato italiani» già a partire dal Consiglio della Bce di giovedì, quando si riproporrà il braccio di ferro fra gli Stati «frugali» del Nord Europa e quelli più indebitati, come il nostro.
Da qui ad aprile scadranno titoli pubblici per quasi 342 miliardi di euro, e le condizioni alle quali sarà rinnovato questo stock di debito (il suo costo) saranno decisive. Anche l'economia «reale» pretende risposte. «Il bene del Paese viene prima degli interessi e degli egoismi del singolo» avverte il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, parlando al Senato, e intanto la Cgia di Mestre calcola che 146mila imprese siano a «rischio default» a causa usura.
Tutti chiedono «senso di responsabilità», invocano insomma la saggezza che si dovrebbe avere in queste fasi, ma qualcuno evoca anche la «responsabilità» che si assumerebbe chi dovesse decidere di portare l'Italia in una crisi al buio, in un passaggio in cui sui tavoli di Palazzo Chigi resta aperta una pila di dossier, dalla guerra all'energia, dal Pnrr alla transizione, dalle misure fiscali a quelle su lavoro.
«Noi sindaci chiediamo a Mario Draghi di andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l'azione di governo». Questo si legge nell'appello firmato da undici primi cittadini, da quello di Milano Beppe Sala, ad Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente Anci, a Roberto Gualtieri sindaco di Roma. I sindaci manifestano «incredulità e preoccupazione» di fronte a una crisi «generata da comportamenti irresponsabili di una parte della maggioranza», chiedono «azione, credibilità, serietà», riconoscono a Draghi «dignità e statura, politica e istituzionale» e chiedono alle forze politiche «di pensare al bene comune e di anteporre l'interesse del Paese ai propri problemi interni», richiamandole al «dovere di portare in fondo il lavoro iniziato in un momento cruciale per la vita delle famiglie e delle imprese italiane». «Se non dovessero farlo - intimano - si prenderebbero una responsabilità storica davanti all'Italia e all'Europa e davanti alle future generazioni».
Tono solenne e urgente. Chi si muove, lo fa sulla scorta di una consapevolezza: la credibilità internazionale del premier consente all'Italia di gestire problemi e incognite finanziarie che altrimenti sarebbero in grado di travolgerla. Per Bloomberg, i possibili contrasti nel Consiglio direttivo della Bce di giovedì prossimo potrebbero creare non pochi «problemi per i titoli di Stato italiani», anche perché la previsione è che le comunicazioni sui dettagli del piano «anti-spread» saranno vaghe e «deluderanno gli investitori».
Dopo il Covid, le dinamiche finanziarie «normali» si stanno rimettendo in moto. E con esse, le minacce che da anni incombono sull'Italia, aggravate da un quadro ancor più stressato, da guerra e inflazione. Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, vede «un potenziale allargamento dello spread» e il rischio di una «tempesta perfetta fatta di gas, dimissioni del governo Draghi e delusione per l'intervento della Bce».
Negli ultimi giorni, hanno manifestato «sconcerto» per la rottura parlamentare, i vertici di Confindustria di Lombardia, Puglia, Romagna, Piemonte, Toscana, Campania, Sud Sardegna, e di Assolombarda. Ieri, si sono aggiunte le categorie più disparate: «Non è il tempo di una crisi di governo al buio» ammoniscono per esempio le professioni sanitarie.
«L'Italia non può restare senza una guida autorevole e sicura» avvertono oltre 20 sigle del mondo dei trasporti. Perfino «i preti di strada» ritengono che «andare a votare subito non sarebbe un bene». Suona come una preghiera: «La speranza è che Draghi ci ripensi».
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