La sinistra blocca l'Aula per processare la premier

Informative posticipate: saltano i lavori di Camera e Senato e l'elezione dei giudici della Consulta: "Meloni in Parlamento"

La sinistra blocca l'Aula per processare la premier
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Bagarre in aula, lettere di protesta ai presidenti delle Camere, blocco dei lavori parlamentari.

Il giorno dopo l'avviso di garanzia a Giorgia Meloni e a mezzo governo per il caso Almasri, le opposizioni provano a riprendere l'iniziativa di contrasto al governo, oscurata dal polverone giudiziario. E ottengono lo stop delle sedute di Camera e Senato: un weekend super-lungo, fino a martedì, quando la conferenza dei capigruppo deciderà sull'informativa del governo. Salta anche la seduta comune di oggi per l'elezione dei giudici costituzionali mancanti. Un rinvio registrato con preoccupazione anche al Quirinale, ma «per noi vale di più insistere perché Meloni venga in aula», spiegano i dem. Facendo inavvertitamente un favore al centrodestra, che ancora non ha trovato l'intesa sui nomi. «Il clima non consente un voto bipartisan», dice il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani.

Ieri avrebbero dovuto tenersi le informative del Guardasigilli Nordio e del titolare dell'Interno Piantedosi, annullate dopo il recapito dell'avviso. I capigruppo del centrosinistra, in mattinata, accusano Meloni di «scappare» e reclamano che la premier venga in aula:. «Non ci sono giustificazioni plausibili per sottrarsi al confronto su un tema così grave», lamentano in una lettera congiunta al presidente della Camera Lorenzo Fontana. «Vergogna, Meloni deve dire la verità», tuona Elly Schlein.

Intanto, nell'aula di Palazzo Madama, il capogruppo Pd Francesco Boccia denuncia «l'umiliazione» del Parlamento. «Da dieci giorni aspettiamo di sapere perché un criminale torturatore sia stato scarcerato e riaccompagnato a casa», dice. «Basta giochetti», tuona il rappresentante di Avs Peppe De Cristofaro. I toni si alzano, il senatore Fdi Alberto Balboni, dice che «l'umiliazione del Parlamento» è causata «dall'esproprio della democrazia» provocato dalle iniziative della magistratura che «si vuol sostituire a governo e parlamento». Apriti cielo: grida e proteste. Dal vertice dem, Boccia dà ordine di uscire dall'aula. Peccato che, per un disguido temporale, in quel momento senatori di tutte le gruppi stiano intervenendo in omaggio a Liliana Segre (presente), vittima del mob antisemita e propal. Contrordine, si esce più tardi. La seduta viene sospesa e la conferenza dei capigruppo convocata: la decisione è il rinvio delle attività parlamentari fino a martedì.

La scena si sposta a Montecitorio, dove va in onda lo stesso format: scontro acceso, sospensione della seduta, rinvio alla settimana prossima. «Bisogna interrompere ogni discussione su temi diversi e affrontare il caso Almasri», dice il capogruppo di Iv Davide Faraone. «La diserzione dei ministri è un'offesa al Parlamento», denuncia la dem Chiara Braga. «Un'umiliazione», rincara Matteo Richetti di Azione. Il ministro Ciriani spiega che, dopo «un fatto senza precedenti» come l'avviso di garanzia, serve un supplemento di «riflessione» prima di decidere: «Ma il governo non scappa», assicura. «Il governo usa il procedimento giudiziario per oscurare il chiarimento politico», dice l'ex ministro Pd della Giustizia Andrea Orlando.

I leader delle opposizioni, da Elly Schlein a Nicola Fratoianni, da Riccardo Magi a Maria Elena Boschi, si ritrovano nel pomeriggio nella sala stampa della Camera, dove tre rifugiati africani, Lam Magok, David Yambio e Mahamat Daoud, raccontano le violenze spaventose subite nei campi di detenzione libici, sotto la

giurisdizione di Almasri: «C'è una sola parola per definire la Libia: un inferno sulla terra». In Italia, dicono, «abbiamo finalmente trovato protezione e sicurezza», chiedendo al governo di non «rendersi complice» di chi tortura.

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