La sinistra contro Renzi (ri)scopre il referendum

Il premier è sempre più indebolito e i suoi nemici interni iniziano ad affilare le armi Su Jobs Act, Sblocca Italia, Italicum e scuola minacciano la consultazione popolare

La sinistra contro Renzi (ri)scopre il referendum

RomaSiccome è d'autunno che cadono le foglie, bisognerà attendere ancora qualche mese per capire se Matteo Renzi si candida a diventare il più grande poeta morente . Dopo Prodi, più di Prodi.

Gli scivoloni mediatici del premier e il modello-Tsipras hanno rilanciato l'idea di aggregare la sinistra non partendo dalla forma partito, bensì dalle lotte concrete, come predicava Landini. Dunque proprio dalla forma di consultazione più democratica che ci sia, il referendum, come in Grecia. La sfida di Landini, Fassina, Civati e Vendola si sta perciò concentrando su una raccolta di firme che possa tagliare a colpi d'accetta, una dopo l'altra, tutte le leggi di cui Renzi va fiero. Il Jobs Act , con i suoi licenziamenti collettivi; lo Sblocca Italia , con la legge obbiettivo e il via libera alle trivellazioni lungo le coste; l'inviso Italicum e la contestatissima riforma della scuola.

I leader della sinistra immaginano che l'estrema popolarità di un'abrogazione immediata, in taluni casi persino trasversale (interessatissimi i grillini), abbatterebbe anche l'uomo di Palazzo Chigi. I cui segni di debolezza ormai si sprecano, evidenziando una crescente difficoltà a gestire persino il gestibile. Anzi, lo scontato. Tanto che le veline inviate tramite cinguettii, giornalisti gazzettieri o (da ultimo) la rubrica della posta sulla rinata Unità , stentano ormai a nascondere le magagne. L'uomo ha stufato, le sue boutade sanno di stantio. «Non possiamo andare ogni volta dietro agli annunci di Renzi», dichiara con disinvolta insofferenza, per esempio, il sindaco di Napoli a proposito dell'imminente nomina del commissario per Bagnoli, che il premier intende far varare al Cdm di venerdì 17 (dispetto su dispetto); sarà un'altra grana. Ieri, intanto, fonti di Palazzo Chigi hanno tenuto a smentire le indiscrezioni sugli ulteriori 20 miliardi necessari alla manovra autunnale per non sforare i parametri europei. Tutto dipenderà però dall'evoluzione della crisi greca, e dunque è prematuro, imprudente o fasullo avanzare qualsivoglia previsione. Lo sfoggio di serenità (presunta) tocca vette ilari, quando Renzi inaugura la rubrica postale sull' Unità figurandosi orizzonti vaghi e rosei: «La produzione industriale sale, la disoccupazione scende. Tutto il resto è noia». Pare che le partite alla Playstation con Orfini non servano più all'uopo, considerato che il poveretto gliele dà tutte vinte.

L'annoiato premier ha dovuto però rinviare la riforma istituzionale per carenza di numeri in Senato, e si tradisce in un' excusatio non petita rilasciata al fedele Corsera : «Io i numeri li avevo tranquillamente...». Volpe con l'uva, Matteo vede svanire anche il referendum confermativo che sperava potesse trainare le amministrative di primavera, nelle quali è a forte rischio il Comune di Milano. Il gran rifiuto di Pisapia, ancora number one nei sondaggi, lo preoccupa molto. Anche perché il Pd milanese è dilaniato tra Majorino, Fiano e altre tre fazioni. La presunta ambasciata per convincere Pisapia a ripensarci s'è rivelata la solita balla a uso-quotidiani: ieri Pisapia ha smentito rilanciando con un post su Fb proprio le primarie che Renzi vorrebbe far saltare: «Vi attendo lunedì sera... in vista delle #Primarie», scrive il sindaco, che intende mantenere fino all'ultimo il proprio ruolo super partes di grand'elettore. Ora come ora è la democrazia il nemico numero uno di Matteo, al punto che la Madia prova a distinguere tra primarie buone e cattive: se servono a lanciare Matteo ok, altrimenti col piffero.

Un altro di quei motivi che rendono inquiete molte anime, vive e non. Così Renzi dice niet a Fassina sulla richiesta di rinunciare al sottotitolo dell' Unità («quotidiano fondato da Antonio Gramsci»). Questioni di marketing, non di feeling.

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