Quanto è macabro e stridulo lo strepitìo di gioia di Laura Boldrini e Giuliano Pisapia per la condanna delle divise sporche del sangue di Stefano Cucchi. Quanto è ipocrita e sonnacchioso il risveglio del radicale Riccardo Magi, che ora punta il dito contro gli «innocentisti» Matteo Salvini, Ignazio La Russa e Carlo Giovanardi, quasi mendicando a furor di social una loro correità con chi ha picchiato il giovane romano prima di spedirlo a morire in carcere.
Quanto puzza di opportunismo la sparata del sinistro senatore Leu Francesco Laforgia, che mescola il vergognoso depistaggio lungo 13 anni, 150 udienze e 15 gradi di giudizio con gli «insulti infami» di alcuni politici. No, questo giochino non funziona più. Qualcuno, a destra, ha il torto di credere che l'Arma, la Polizia, la Guardia di Finanza, la Polizia penitenziaria siano un baluardo democratico da difendere. Sempre. Lo dice anche Ilaria Cucchi: «Ho il diritto, per me e i miei figli, di continuare a credere nei carabinieri». E l'Arma ha già garantito la massima severità.
Qualcun altro, da sinistra, continua a titillare i violenti in nome di un garantismo strabico e si sforza di implorare le neglette forze dell'ordine di non toccare i Caino anche quando stuprano, drogano e ammazzano la meglio gioventù. Un perdonismo intriso di stantio ciarpame sessantottino il cui olezzo si sente ancora anche a Milano, anche se Beppe Sala si tura il naso. E quando alcune sentenze negano questo dogma, come nel caso di Giuseppe Uva, si manipola la verità giudiziaria che ha assolto poliziotti e carabinieri dalle accuse del «dignitosamente brillo» Alberto Biggiogero, condannato poi a 11 anni per aver accoltellato a morte il padre.
Dov'era la loro indignazione quando il dominicano che ha sparato ai poliziotti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego in Questura a Trieste è stato giudicato non imputabile? Chi di loro si è stracciato le vesti perché le condanne ai due americani che hanno scannato il brigadiere Mario Cerciello Rega sono state ridotte in appello? Chi c'era di loro al funerale a
Secondigliano dell'agente Pasquale Apicella, morto da eroe, in pieno lockdown, il 27 aprile 2020 a Napoli mentre tentava di fermare una banda di rapinatori rom? Dormivano. Ma il sonno dell'«ho ragione» genera pessimi politici.
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