La sinistra non può fingere di non vedere. Milano affronti i nodi sicurezza e immigrati

Il sindaco e il Pd non hanno voluto contrastare l'emergenza criminalità, parlando dell'immigrazione solo come un'occasione di integrazione. Ora tornino alla realtà

La sinistra non può fingere di non vedere. Milano affronti i nodi sicurezza e immigrati
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Benvenuti a bordo. Forse ora anche a sinistra, che da lustri amministra Milano pilotandola verso illuminate posizioni di avanguardia civile, sociale e culturale, si rendono conto che c'è un serio problema di sicurezza. La responsabilità, manco a dirlo, non è di chi in tutti questi anni non ha mai nemmeno voluto sentir parare di emergenza, ma sarebbe del governo, che suona un po' come quando piove e non si sa a chi dar la colpa. I fatti però raccontano un'altra storia. Da sempre a Milano, ma anche altrove, c'è una sinistra che ha voluto tener ben distinte l'emergenza criminalità da quella dell'immigrazione, che ha fatto una lotta senza quartiere ai Cpr, i centri di rimpatrio, che ha messo in croce e mandato a processo un ministro come Matteo Salvini quando ha cercato a suo modo di fermare gli sbarchi, che ha eletto a simbolo della «resistenza» e poi anche candidato alle europee Carola Rackete, comandante della Sea Watch che speronò una motovedetta della Finanza. E ancora. C'è una sinistra che a Milano ha «sbertucciato» il centrodestra quando proponeva il «taser» per darlo in dotazione a chi, quotidianamente in strada, fa i conti con i balordi, che ha fatto una lotta senza quartiere alle pattuglie militari di Strade Sicure fino a farle «ritirare» perché Milano non è Beirut, perché divise e mostrine sarebbero un rigurgito dei tempi bui, che ha messo alla gogna i poliziotti se caricano gli studenti che insultano, sfasciano vetrine, o gli sputano addosso. A Milano c'è una sinistra che ora, dopo che un agente di polizia rischia la vita perché accoltellato da un marocchino che già era stato in carcere e che aveva tre ordini di espulsione, dice che è colpa del governo senza rendersi conto che invece il problema non è «oggi» ma tutto ciò che è successo prima. È aver fatto finta di niente fino ad ora, è aver sempre negato, è essersi distratta e dimenticata di condannare violenze, aggressioni, degrado, stupri di piazza come in quel tragico capodanno in Duomo di due anni fa quando il sindaco impiegò un paio di settimane per «indignarsi». Chiariamo subito: il sindaco Sala, o il sindaco Pisapia prima di lui, non hanno ovviamente una responsabilità diretta su aggressioni, feriti, morti ammazzati... È ovvio. Ma quella di non essersi resi conto che non esiste solo una metropoli splendente, patinata, sostenibile ed europea e che ci sono «sacche» oscure di illegalità dove vivono centinaia di irregolari che in realtà sono fantasmi che non hanno nome, casa e lavoro, che sopravvivono da disperati e che è meglio fingere che non esistano, quella sì.

Di aver sempre ideologicamente sostenuto che l'immigrazione fosse solo la normale opportunità di una città sempre più cosmopolita e non un disagio concreto per chi ci fa i conti quotidianamente quando esce di casa, per i poliziotti, per i tranvieri che vengono aggrediti se osano chiedere un biglietto, per chi vive in quartieri-ghetto di periferia come Selinunte, le Case Bianche o il Corvetto dove l'integrazione è rimasta lettera morta, quello pure. Altro che «modello Milano»...

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