La sinistra ossessionata dai fascisti

Il pamphlet di Capezzone: "I neopuritani vogliono sentirsi sempre i buoni contro i cattivi"

La sinistra ossessionata dai fascisti

Cari compagni, statemi bene a sentire. Sì sì, ce l'ho con voi, comunisti di andata e di ritorno, voi che siete stati lestissimi a rinnovare il guardaroba, perché adesso indossate delle impeccabili camicie Brooks Brothers rigorosamente button down, ma non avete invece cambiato né rinfrescato la vostra mentalità, che al fondo è rimasta la stessa, tenacemente e direi istintivamente ostile all'individuo, al lavoratore autonomo, alla libera intrapresa, e soprattutto al dissenso e al dissenziente. Diciamocelo: la libertà specie quella degli altri non vi è mai piaciuta. E statemi ad ascoltare pure voi, cari neo-puritani che ne anche sapete di esserlo. Voi che ogni tre parole ripetete una giaculatoria sulla diversità, ma che poi, non appena vi capita davanti un pensiero davvero differente dal vostro, non sapete resistere alla tentazione di schiacciarlo con il martello dell'omologazione e del conformismo. (...)

Ecco, cari compagni e cari neo-puritani, sempre compatibilissimi tra voi e spesso sovrapposti e intercambiabili: ci avete rotto i coglioni, come mi sembra si dica a Oxford (o forse a Cambridge, non vorrei confondermi). Ci avete sfinito con le vecchie ossessioni da cui siete abitati e posseduti, con gli antichi demoni che non sapete e nemmeno volete esorcizzare, e pure con le nuove scombiccheratissime crociate che vorreste organizzare. Il fascismo di cui continuate a parlare non esiste, non c'è, è un'invenzione. Eppure per voi «deve» esistere (Misery non deve morire) perché ormai la vostra follia è sintonizzata e settata su quella lunghezza d'onda. Perché quel fascismo inesistente serve a voi come coperta di Linus. Per scaldarvi rassicurarvi-confermarvi-confortarvi nella vostra visione del mondo, nei vostri schemini, nelle vostre certezze. Per farvi sentire buoni contro i cattivi, anzi buonissimi contro i cattivissimi. Per darvi la sensazione che tutto sia rimasto al po sto che ritenete giusto. Proprio come chi è preda di un disturbo ossessivo compulsivo ormai fuori controllo, ripetete all'infinito lo stesso inutile rituale (ricontate le cose cento volte, scrutate la manopola del gas, ricontrollate la serratura della porta) nella speranza di tranquillizzarvi: ma in realtà siete solo paralizzati, siete bloccati, non sapete fare altro. L'ordine che cercate disperatamente di fare intorno a voi è lo specchio deformato dell'ordine che non riuscite più a ricostruire dentro di voi. Troppo complicato? Allora la faccio più semplice. C'è tutto nell'indimenticabile scena di Ferie d'agosto, un film del 1996 di Paolo Virzì, mica un pericoloso neoliberista. La storia forse la ricorderete: la vacanza-scontro a Ventotene tra due gruppi di comitive, quella «di sinistra» capitanata da Silvio Orlando e quella «di destra» guidata da Ennio Fantasti chini. A un certo punto, Ruggero, il personaggio interpretato da Fantastichini, si rivolge all'intellettuale di sinistra con alcune battute letteralmente scolpite nella pietra: «State sempre a critica', a giudica' Ma sai qual è la verità? La verità è che nun ce state a capì più un cazzo Ma da mo'». Ecco, elaboratelo questo lutto, è proprio così. (...)

Compagni, è venuto il momento di dirvi che avevate torto. Avevate torto quando avete fatto finta di non sapere che una parte della Resistenza italiana combatteva sì meritoriamente contro una orribile dittatura, ma lo faceva nella speranza di instaurarne un'altra ancora più orribile. Avevate torto quando avete cercato di negare il contributo liberale, cattolico, socialista, e anche monarchico, a quella Liberazione. Avevate torto poi quando per decenni avete coperto i crimini e gli orrori dello stalinismo. Avevate torto quando avete giustificato sui vostri giornali e con i vostri massimi dirigenti la spietata repressione sovietica a Budapest nel 1956 e a Praga nel 1968. Avevate torto negli anni Settanta e pure negli Ottanta, quando eravate ancora incatenati a Brenev, mentre odiavate con tutte le vostre forze Reagan e la Thatcher. Avevate torto quando lapidavate in sequenza Craxi e Berlusconi, quando disprezzavate l'opzione del riformismo a sinistra e quella della libertà a destra. E avete torto pure oggi, quando a ritroso raccontate a voi stessi che il comunismo era un'idea buona che però, purtroppo, ha avuto una cattiva realizzazione. No: ad essere sbagliata era proprio l'idea, ed eravate sbagliati pure voi. Nelle intenzioni e nelle azioni. Avete torto sempre oggi quando fate i gargarismi con l'antifascismo, ma non riuscite a pronunciare la parola anti-comunismo. E meno che mai riuscite a mormorare o a sillabare la parola magica, quella definitiva: antitotalitarismo, cioè il contrasto a qualunque dittatura, a qualunque lesione della libertà. E invece voi siete ancora lì con la vostra lagna, la vostra noia, il solito doppiopesismo («il comunismo italiano era una cosa diversa»), il già sentito che ci prende alla gola. È più forte di voi. E così, più regolare del susseguirsi delle stagioni, più fastidioso dell'arrivo di una cartella esattoriale, più prevedibile di una nenia già ascoltata mille volte, più devastante di una canzoncina ipnotica nordcoreana, in Italia di tanto in tanto si ricomincia con il «fascismo». E da quando, un annetto fa, Giorgia Meloni ha vinto le elezioni, siete andati ancora più fuori di testa: vedete «fascismo» e «fascisti» ovunque. Ve lo confesso: sono preoccupato per voi, per la vostra tenuta nervosa. Se dopo un anno state già ridotti così, non oso immaginare come potrete reggere altri quattro anni, fino a fine legislatura. Sarà un calvario. Da mesi gira sui social un meme strepitoso: si vede un Freud corrucciato, quasi angosciato, che, rivolgendosi con delicatezza e pietà a un paziente malridotto, gli sussurra: «Ma questi fascisti li vede spesso? Sono nella stanza qui con noi adesso?». Quel paziente con i nervi a pezzi siete voi. Ecco, lo scopo di questo piccolo saggio, anzi di questo agile ma appassionato pamphlet, è gridare il nostro piccolo «basta!». Anche per il vostro bene, per aiutarvi a uscire dal tunnel in cui vi siete infilati. Basta, cara sinistra, con la coazione a ripetere del «rischio fascista». E basta, ancora cara sinistra, pure con l'abitudine furbetta, con l'operazione subliminale, di chiamare «fascismo» (e la destra ci casca, eccome se ci casca!) tutto ciò che oggi vi è sgradevole, tutto quello che non vi piace, tutto quello che volete bollare.

E allo stesso modo basta, cara destra, con un antico complesso di inferiorità per cui si accetta questo teatrino, lo si subisce, si recita una parte contrapposta ma di fatto si ammette che il copione sia sempre quello. Non se ne può più.

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