La sinistra rispolvera il Fronte popolare

Opposizione in piazza contro premierato e autonomia. L'ossessione del fascismo

La sinistra rispolvera il Fronte popolare
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C'è l'eroico Leonardo Donno (il grillino abbattuto da un colpo a sorpresa nell'ormai famosa rissa d'aula) esibito da Giuseppe Conte a mo' di scalpo sul palco, che non sa bene che dire e strilla nel microfono: «Grazie presidente (Conte, ndr)! Sventoliamo più forte il tricolore! Non ci faremo intimorire», e il presidente suddetto scuote la testa per dire che «no, no», non si farà intimorire. C'è l'attuale capo di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo, cui viene concesso l'onore di aprire la sfilata di esponenti politici sul podio (gli organizzatori hanno pensato fosse meglio far parlare lui del collega di lista Michele Santoro), che agita il pugno chiuso e urla contro i «liberali del Corriere della Sera» che «mi attaccano» perchè «sono come quelli degli anni Venti che aprirono le strade al fascismo». Fascismo che di certo vede il compagno Acerbo tra i principali ostacoli sul proprio cammino. C'è l'ex dirigente di Rifondazione comunista Alfonso Gianni che spiega che le riforme del governo rispondono «al disegno della Trilateral e della P2», mancano solo i Savi di Sion. E ci sono Bonelli&Fratoianni che vengono chiamati insieme sul podio, modello Albano&Romina. «C'est n'est qu'un début», grida Bonelli preso dall'entusiasmo.

La prima prova di piazza del fronte delle opposizioni («Unità! Unità!», grida il pubblico di Piazza Santi Apostoli a Roma) è assai variopinta, nonostante l'accurata regia Pd che ha cercato di evitare che venissero dette eccessive castronerie: persino lo studente della «Rete Studenti» e la studentessa della «Primavera Studenti», che fanno a gara col povero Donno per chi tra loro viene più «manganellato», hanno risparmiato gli appelli propal. E l'unico a strillare a freddo la «importantissima parola pace», ma senza spiegare per chi e tra chi, è stato il rappresentante delle Acli.

Le indicazioni erano chiare: evitare di entrare su temi fondamentali ma assai divisivi come l'Ucraina e il Medio Oriente, e attenersi all'ordine del giorno: il pericolo fascista in Italia, le riforme «autoritarie» del governo, autonomia e premierato, che puntano a «spaccare il paese» e a «stravolgere la Costituzione». Le redini del nuovo «fronte popolare» saldamente in mano a Elly Schlein: la leader del Pd sale sul palco subito prima del gran finale affidato all'attrice Monica Guerritore (che legge un appello in difesa della Costituzione) ed è lei a tirare le somme politiche: «Basta divisioni: teniamoci strette le nostre differenze ma facciamo trovare pronti e uniti, mobilitati in modo permanente per non far passare le destre e le loro riforme». La piazza (dove le bandiere sono cencellianamente suddivise tra Pd, 5S e Avs) applaude e canta «Bella Ciao», lei sorride e saluta, poi parte «Viva l'Italia» di Francesco De Gregori mentre dal microfono si invoca un'ambulanza: tra il caldo torrido e l'età media piuttosto avanzata della folla, qualcuno si è sentito male. Il messaggio politico comunque è chiaro: la segretaria del Pd è la leader in pectore del fronte anti-destre di Santi Apostoli. Il referendum sul premierato è la prova del fuoco che forgerà la nuova coalizione delle sinistre contro Giorgia Meloni, nel nome dell'antifascismo e della Resistenza («E degli Alleati», aggiunge Schlein in contropiede).

Giuseppe Conte è definitivamente relegato al ruolo di comparsa: l'ex premier (camicia bianca sbottonata e giacca blu) cerca l'ovazione chiedendo a Giorgia Meloni di condannare la violenza contro il suo Donno, denuncia la «guerra ai percettori del reddito», ma appare decisamente appannato dal tracollo elettorale e dalle

crudeli irrisioni del suo ex padrino Beppe Grillo. Mentre i manifestanti sfollano, Nicola Fratoianni sospira: «Avremmo dovuto avere più fiducia e non mettere il palco a metà piazza ma in fondo». Ma la prudenza non è mai troppa.

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