Sinodo dei giovani, ora nel testo spunta la parola "Lgbt"

È caccia alla «manina» che dedica il paragrafo 197 alle «attese dei gay»

Sinodo dei giovani, ora nel testo spunta la parola "Lgbt"

Sembra proprio che il Sinodo sui giovani attualmente in corso in Vaticano (si concluderà il 28 ottobre) passerà alla storia come la prima volta in cui la Chiesa cattolica adotta la terminologia Lgbt. In effetti, quando ormai tre anni fa fu deciso un Sinodo su I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, dopo le esperienze del Sinodo sulla famiglia in molti si sono chiesti a quale parte della dottrina sarebbe stato dato l'assalto questa volta. La prima risposta è arrivata con il documento preparatorio del Sinodo, il cosiddetto Instrumentum Laboris, dove in mezzo a un mare di futili chiacchiere veniva buttato lì, con una certa nonchalance, un paragrafo (il 197) in cui si parla delle attese dei «giovani Lgbt».

La cosa non poteva passare inosservata, è la prima volta che la terminologia Lgbt entra in un documento ufficiale vaticano. E l'arcivescovo di Philadelphia, Charles Chaput, si è fatto interprete dei malumori; intervenendo nei primi giorni del Sinodo ha chiaramente detto che «la sigla Lgbt o linguaggi simili non dovrebbero essere utilizzati nella Chiesa» perché è «come se le nostre tendenze sessuali definissero chi siamo; come se queste designazioni descrivessero comunità distinte di diversa ma uguale integrità all'interno della vera comunità ecclesiale, il corpo di Gesù Cristo. Questo non è mai stato vero nella vita della Chiesa, e non è vero ora».

Infatti, un conto è parlare di persone con tendenze omosessuali, come fa il Catechismo, e un altro usare termini e concetti che appartengono alla militanza gay, all'omosessualità fatta ideologia e orgoglio.

In ogni caso quello che gli ottimisti giustificavano come uno scivolone linguistico, si è dimostrato invece soltanto un passo nella direzione voluta. Nella conferenza stampa di presentazione dei lavori, infatti, sull'argomento è stato smascherato il segretario generale del Sinodo, il cardinale Lorenzo Baldisseri. Questi ha cercato di minimizzare dicendo che nell'Instrumentum Laboris sono stati inseriti i contributi dei giovani così come sono stati presentati, ma una giornalista gli ha dimostrato che nessun contributo conteneva quanto scritto nel paragrafo 197.

Da dove esce dunque la «rivendicazione» dei giovani Lgbt? Che anche in Vaticano ci siano «manine» che ogni tanto intervengono non è una novità, ma qui la «manina» deve essere molto potente se il cardinale Baldisseri, facendo finta di essere sorpreso, ha escluso categoricamente che quel termine possa essere cancellato. Quindi in questa ultima settimana i padri sinodali saranno loro malgrado costretti a parlare della richiesta dei giovani Lgbt di una apertura della Chiesa all'omosessualità anche se dai giovani non è venuta alcuna richiesta in questo senso. E non solo di quella dovranno discutere: proprio nei giorni scorsi il nuovo Prefetto del Dicastero per la comunicazione, Paolo Ruffini, nel tradizionale briefing ha citato interventi secondo cui «i temi dell'omosessualità e dei matrimoni tra persone dello stesso sesso non possono essere lasciati fuori dalla pastorale». Chissà perché poi, affrontando il tema «giovani e vocazione», si dovrebbe necessariamente parlare di nozze gay? Forse che esiste una vocazione matrimoniale omosessuale o la possibilità di un sacerdozio omosessuale? Certamente no, se guardiamo a cosa la Chiesa ha insegnato per duemila anni riferendosi al progetto creatore di Dio, e però è esattamente ciò che vorrebbe la lobby gay che sembra aver preso il comando delle operazioni in Vaticano.

E tanto per non lasciar cadere il discorso, anche l'arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Zuppi, giovedì scorso è intervenuto al briefing quotidiano del Sinodo per dire che «serve una pastorale per i cattolici omosessuali». La cosa interessante è che tutti costoro parlano di «risposte che bisogna dare ai giovani» dando l'idea che finora la Chiesa non abbia mai affrontato il tema. E invece la Chiesa ha parlato e risolto la questione già da molto tempo, con un giudizio chiaro sull'omosessualità (dice nulla San Paolo?) e anche per quel che riguarda la pastorale le linee guida ci sono già nel Catechismo, per non parlare della Nota pastorale del 1986 firmata dall'allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. L'unica cosa nuova invece è che si ha l'obiettivo di cambiare la dottrina della Chiesa su questo punto, ed è a questo che mirano gli interventi di certi prelati che vedono il Sinodo sui giovani come il pretesto per fare un decisivo passo avanti in questa direzione.

Si può stare certi che, a meno di una rivolta dei padri sinodali, il documento che uscirà da questo Sinodo andrà anche oltre il semplice riferimento ai giovani Lgbt. A spiegare il vero obiettivo ci ha pensato nei giorni scorsi il potente gesuita padre James Martin, autore del libro Un ponte da costruire Una relazione nuova tra Chiesa e persone Lgbt, nominato da papa Francesco consulente al Dicastero per la comunicazione e relatore molto discusso al recente Incontro mondiale delle famiglie a Dublino.

Su America, la rivista dei gesuiti americani di cui è direttore, padre Martin ha sostenuto l'importanza di usare la terminologia Lgbt come forma di rispetto e inclusione, e anche di considerare le coppie omosessuali famiglie a tutti gli effetti (il che porta con sé la bontà della benedizione alle coppie gay, passaggio già approvato da alcuni vescovi). Ovviamente parliamo di obiettivi intermedi, perché il traguardo finale è l'effettiva parificazione di ogni tipo di unione e di orientamento sessuale. Ma intanto si comincia con il dirottamento del Sinodo sui giovani.

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