Stava facendo snorkeling, per ammirare le meraviglie sottomarine del mar Rosso. A quanto pare, alla ricerca di un dugongo o di una tartaruga, si sarebbe avventurato oltre la barriera corallina, secondo le autorità egiziane al di là della zona considerata «sicura», quando uno squalo, forse attirato dal movimento delle pinne, lo ha avvicinato e attaccato. È morto così Gianluca Di Gioia, 48 anni appena compiuti di Roma. Ferito in maniera lieve Giuseppe Peppino Fappani, 69 anni, originario di Genivolta in provincia di Cremona, che avrebbe tentato di soccorrerlo buttandosi in acqua dal pontile dove si trovava e da cui ha assistito all'aggressione dell'animale. È successo al largo delle acqua di Marsa Alam, in Egitto, da una prima ricostruzione a circa 50 metri dalla riva, di fronte all'hotel Sataya che li ospitava. I soccorritori hanno portato entrambi gli italiani all'ospedale di Port Ghalib, a circa 50 chilometri a Nord di Marsa Alam ma per Di Gioia non c'è stato nulla da fare mentre il 69enne, ferito lievemente alle gambe e alle braccia, dovrebbe essere dimesso a breve.
Le autorità egiziane, che hanno aperto un'inchiesta, in un comunicato hanno spiegato che l'aggressione mortale è avvenuta «in acque profonde e ben al di fuori dell'area balneabile». È stata comunque ordinata la formazione di un comitato urgente in coordinamento con il Governatorato del Mar Rosso per determinare le cause dell'incidente. Il ministero dell'Ambiente egiziano ha deciso anche la chiusura dell'area e ha vietato la balneazione nella zona dei pontili, non lontano a dove è avvenuta la tragedia. Il personale diplomatico italiano presente in Egitto invece ha subito fornito assistenza alle famiglie. La moglie di Fappani racconta una versione diversa dell'incidente: «Eravamo lì per fare snorkeling, in una zona balneabile. Io e Peppino eravamo sul pontile quando Gianluca è stato aggredito». L'inchiesta chiarirà, si spera, l'accaduto.
Anche se paradossalmente lo squalo nel mar Rosso è considerato una specie a rischio, non è la prima volta che accadono episodi simili. Nel 2015 un sub tedesco fu ucciso nella baia di Coraya, sempre nei pressi di Marsa Alam. Nel 2018 un turista della repubblica Ceca era stato ucciso da uno squalo tigre. Nel luglio del 2022 due turiste rimasero uccise a seguito dell'attacco di uno squalo a Hurghada. Una donna rumena venne uccisa dall'animale, una austriaca morì invece a causa di un infarto dopo essersi trovata a tu per tu con lo squalo. Nel giugno del 2023 fu un turista russo ad essere divorato da un pescecane che fu poi catturato in un'area vicino a Dream Beach, sempre nei pressi di Hurghada. Pochi mesi più tardi, a settembre, una donna egiziana perse un braccio a seguito di un attacco nelle acque davanti alla spiaggia di Dahab, nel Sud del Sinai. Le centinaia di migliaia di turisti che arrivano a Marsa Alam ogni anno, molti dei quali proprio per immersioni o snorkeling, sono solitamente ben informati della possibile presenza di squali e dei potenziali pericoli.
Un pericolo comunque reale, tanto che dopo gli incidenti degli scorsi anni il Governatorato del Mar Rosso ha obbligato gli hotel a posizionare reti in mare lungo le spiagge private per stabilire la distanza di sicurezza consentita per nuotare e immergersi ed evitare agli squali di avvicinarsi alla battigia. Le autorità egiziane avevano annunciato anche l'installazione di dispositivi di monitoraggio collegati ai satelliti per tracciare i movimenti e il comportamento degli squali per limitare al minimo i rischi.
Nonostante questo, le aggressioni di squali a persone restano eventi generalmente molto rari. Nel corso del 2023 a livello globale, sono stati registrati 69 attacchi di squalo non provocati, di cui 10 hanno avuto esito fatale. La maggioranza dei casi, il 22%, si è registrato nelle acqua australiane, le più pericolose, seguite da quelle degli Stati Uniti con interessate in particolare le spiagge di California a Hawaii.
Gli esperti di oceanografia sottolineano comunque che la maggior parte degli incidenti che riguardano gli squali coinvolge surfisti o sportivi che si avventurano in zone piuttosto remote, là dove le misure di sicurezza sono più complesse e l'incontro ravvicinato con uno squalo può diventare fatale.
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