Zanetti e gli ultrà: "Tutto normale"

Il vice dell'Inter ai pm: "Da loro nulla di male". Annullato l'interrogatorio di Fedez

Zanetti e gli ultrà: "Tutto normale"
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«Sono all'Inter da trent'anni, i rapporti con gli ultras sono una cosa normale. E loro al club non facevano nulla di male». Due ore di interrogatorio a porte chiuse, lontano dagli sguardi dei cronisti. Come il giorno innanzi all'allenatore Simone Inzaghi, anche al vicepresidente dell'Inter Xavier Zanetti (nella foto) gli inquirenti milanesi consentono di non sfilare sotto le forche caudine dei media. È lì, in un ufficio periferico di polizia, che «Pupi» Zanetti deve rispondere alle domande che da dieci giorni gli incombono addosso: come è finito uno come lui, un campione di etica oltre che di pallone, il finanziatore di progetti sociali nei barrios argentini, a darsi del tu con i gaglioffi della Curva Nord?

Zanetti ammette i contatti con i capi della curva, dice di «non aver subito mai pressioni, minacce, intimidazioni», spiega di averli intontrati quando andavano a Appiano Gentile. É vero, dice, li ho aiutati ad aumentare il pacchetto di biglietti a disposizione per la finale di Champions ad Instabul, «ne parlai con la base della dirigenza, non con Marotta» (di cui invece, secondo le intercettazioni degli ultras, Zanetti avrebbe detto l'ultima parola è sua). La situazione dei biglietti per la finale, spiega ieri Zanetti, era già nota al club, afferma, e comunque «io non avevo compiti esecutivi nel board».

Il vicepresidente nerazzurra riconosce di avere incontrato anche il più pericoloso degli esponenti della Nord, il calabrese Antonio Bellocco, ucciso il 4 settembre: «L'ho visto una volta, me lo hanno presentato altri della curva, in una situazione conviviale», dice. Poi gli contestano il passaggio più insidioso contenuto nelle carte, quello in cui Marco Ferdico, il capo ultrà arrestato per associazione a delinquere, dice a Marco Materazzi di essere stato messo proprio da Zanetti sull'avviso delle inchieste in corso, «ci sono dei Funzionari di Polizia che stanno monitorando la curva anche per l'accaduto che è successo al povero Vittorio». Cioè al predecessore di Ferdico, Vittorio Boiocchi, ucciso nel 2022. «Non è vero», risponde secco Zanetti alle domande della polizia. Effettivamente potrebbe trattarsi di una vanteria o di un depistaggio, Ferdico potrebbe avere citato Zanetti per coprire la vera fonte della «dritta» sull'inchiesta: inchiesta, peraltro, che da tempo non era più un segreto per nessuno.

Ad emergere è comunque una confidenza, una vicinanza di rapporti tra ultrà e dirigenza che per quanto riguarda Inzaghi (vicino alla curva già quando allenava la Lazio) non ha stupito, ma che appare lontana dall'immagine riservata che Zanetti ha sempre dato di sé. È lì, nei rapporti privilegiati con un Curva la cui deriva criminale era palese, che si annida l'aspetto più pericoloso per la società nerazzurra dell'indagine in corso. Gli inquirenti non sembrano inclini a usare la mano pesante, le spiegazioni di Inzaghi sono considerate esaurienti, ora vedremo se lo saranno considerate anche quelle di Zanetti. Ma sui contatti ravvicinati dell'Inter con gli ultrà arriva ieri il giudizio sferzante di uno che l'ambiente nerazzurro lo conosce da vicino, l'attuale coach della Nazionale Luciano Spalletti. Ieri, intervistato nel ritiro dell'Italia, alle domande sulle telefonate tra Inzaghi e ultras, Spalletti va giù piatto: «L'ho trovata una cosa nuova che mi ha sorpreso.

Non so quali siano stati i rapporti precedenti. Uno ti telefona, non ci hai mai avuto a che fare, penso sia difficile poterci scambiare parole. Io rispondo a tutti, ma so riattaccare». Inzaghi, come la Monaca di Monza, non riattaccò.

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