Ci risiamo. Come per i decreti e i dpcm che lo hanno preceduto, anche nel caso del prossimo decreto, ribattezzato Rilancio, l'attenzione del governo è tutta concentrata sulle misure e nessuno pare curarsi delle procedure. Un errore già visto e rivisto, inspiegabile segno di un perseverare diabolico. Conte e compagni si comportano come se non avessero appena constatato che dalla cassa integrazione ai prestiti alle aziende, dai bonus ai lavoratori autonomi agli approvvigionamenti di materiale sanitario, tutte le misure che hanno ritenuto di disporre si sono impantanate nella palude della burocrazia. Eppure, i problemi erano noti. Troppi livelli decisionali, troppe norme (sull'emergenza Covid si contano ben 763 atti normativi), spesso scritte male e sempre ispirate alla cultura del sospetto nei confronti del cittadino, soprattutto se è un imprenditore. Un sistema difficilmente tollerabile in tempi normali, inaccettabile in momenti eccezionali. Inaccettabile perché danneggia chi già si trova in condizioni di necessità.
Lo abbiamo visto con il terremoto dell'Italia centrale. A quasi quattro anni dalla prima scossa, la situazione, oggi, è la seguente: 50mila persone sono ancora senza casa, dei 6 miliardi disponibili per i privati sono stati erogati solo 350 milioni, dei 2600 interventi di edilizia pubblica approvati ne sono stati portati a termine solo 28. I soldi ci sono, ma le procedure sono talmente complesse che non si riesce a spenderli. Non si riesce a spenderli perché la logica che ispira le procedure non è portare a termine le pratiche nel minor tempo possibile, ma evitare eventuali illeciti da parte di cittadini e imprenditori. Nell'illusione di prevenire il crimine di qualcuno, si puniscono tutti. È la cultura del sospetto, appunto, fondata sulla presunzione di colpevolezza del cittadino e sull'irresponsabilità delle burocrazie. Una situazione talmente paradossale che il nuovo commissario alla ricostruzione, Giovanni Legnini, ha preso il coraggio a due mani e ha annunciato che d'ora in avanti si procederà con autocertificazioni: cittadini e professionisti certificano il danno subito, le pratiche vanno avanti, i controlli si fanno ex post a campione. Speriamo sia vero.
Ma, nell'ottimistica attesa di una riforma tesa a semplificare norme e procedure per tutti e per sempre, la domanda, oggi, è: perché, anziché continuare ad annunciare cose che non si realizzano, Conte non applica questo metodo anche alle misure per l'emergenza Coronavirus? È una domanda, ma va letta col tono di un'accusa.
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