All'apparenza é uno scandalo che lascia il segno: una fornitura di camici del valore di 513 mila euro commissionata dalla Lombardia di Attilio Fontana all'azienda del cognato Andrea Dini. Un conflitto di interessi imbarazzante di cui si occuperà questa sera il programma Report e annunciato ieri a tutta prima pagina da Il Fatto Quotidiano. In realtà, a leggere con attenzione la storia si scopre l'esatto contrario: Dini, il cognato di Fontana, spiega ai suoi, in tempi non sospetti, che non si tratta di una vendita ma di una donazione. Una regalia dettata dall'emergenza coronavirus, come tante altre nel segno della miglior tradizione imprenditoriale lombarda. Esattamente come è accaduto per il nuovo ospedale in Fiera, realizzato con l'aiuto milionario del gotha dell'industria milanese. Il Fatto dice e non dice, presenta tutta l'operazione sotto una luce sospetta, soprattutto omette un dettaglio decisivo: nemmeno un centesimo è mai entrato nelle casse della società di Dini. E così Fontana si arrabbia: annuncia querela e diffida Report, in onda stasera.
La vicenda si svolge fra il 16 aprile e il 22 maggio, in piena bufera coronavirus. L'Aria, la Centrale acquisti della Regione, lancia un invito per la fornitura di camici idrorepellenti per l'assistenza ai malati di Covid-19. È un momento difficilissimo, la situazione è drammatica, anche se s'intravedono i primi spiragli di luce. All'appello rispondono tre aziende: una è la Dama spa di Andrea Dini, fratello della moglie del governatore.
E qui inizia il capitolo che ingolosisce Report e Il Fatto. La procedura scelta è quella diretta, anche per Dama. Tutto regolare, ci mancherebbe, ma certo il copione proposto da Report mette a disagio: non è il massimo che un'azienda così vicina al Presidente della Regione fornisca a pagamento materiale sanitario alla stessa regione. Solo che le cose, anche a voler essere maliziosi, non vanno proprio così. Quando Dini si accorge che i suoi collaboratori hanno emesso una fattura interviene per correggere quello che è un equivoco.
A maggio, dunque in tempi non sospetti, viene emessa una nota di credito. E viene emessa una seconda fattura «per merce totalmente in omaggio». I soldi non vengono restituiti, come invece fa intendere Il Fatto, per il semplice motivo che il bonifico non era ancora partito.
Si può anche coltivare un retropensiero maligno, ma i fatti dicono che l'imprenditore non ci ha guadagnato, semmai ci ha rimesso del suo. Oltre 350mila euro, secondo quel che risulta al Giornale.
«Questa - spiega l'avvocato Jacopo Pensa, legale di Fontana - non è sacrosanta cultura del dubbio, ma cultura del pregiudizio, sulla base di qualcosa che non c'è». Per la cronaca, la Dama spa, che produce il noto marchio Paul&Shark, fa capo ad Andrea Dini che detiene il 90% delle quote; il 10% della società appartiene invece a Roberta Dini, moglie del presidente Fontana. Un triangolo familiare saturo di suggestioni. Ma l'accostamento finisce qua. Il Fatto trasforma la storia in una vicenda torbida, ma l'impressione è che si sia trattato, al massimo, di un malinteso interno all'azienda.
Dini aveva già effettuato donazioni davanti all'emergenza Covid e quella direzione di marcia viene confermata anche in quell'occasione. Poi però, forse per gli automatismi aziendali, la fattura è stata emessa. Ma Dini il 22 maggio scorso dà ordine di stornare la fattura. E i documenti lo confermano.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.