Perfino la «sua» Corte Suprema gli ha voltato le spalle. Per Donald Trump il Thanksgiving 2022 rischia di rivelarsi ancora più amaro di quello del 2020, celebrato dopo tre settimane dalla sconfitta elettorale che gli costò la Presidenza. Novembre, il mese che avrebbe dovuto rilanciarlo verso la Casa Bianca si sta rivelando per Trump «horribilis», con una serie di battute d'arresto che ne stanno intaccando la credibilità politica e la sua leadership all'interno del Partito repubblicano. I pessimi risultati dei «suoi» candidati nelle elezioni di midterm, l'ascesa del rivale Ron DeSantis nei sondaggi, la crescente ostilità dell'establishment repubblicano, l'abbandono da parte di finanziatori importanti, come il ceo del fondo Blackstone, Stephen Schwarzman: tutti elementi che hanno oscurato l'annuncio della sua nuova candidatura alla Presidenza. Senza contare le varie inchieste che costellano il suo percorso, in vista del 2024.
L'ultimo inciampo, in ordine di tempo, è stato proprio il via libera concesso dalla Corte Suprema alla richiesta dei Democratici della Camera dei rappresentanti di esaminare le dichiarazioni dei redditi dell'ex presidente, una tradizione alla quale Trump si era finora sottratto, allestendo una battaglia legale durata anni. La Corte Suprema è diventata un «organismo politico!», ha tuonato il tycoon, tralasciando che la maggioranza dei giudici del massimo tribunale Usa è di orientamento ultraconservatore, avendone lui stesso nominati tre su nove. Quello che Trump ha finora cercato di nascondere al Congresso - e ai suoi elettori - è probabilmente il fatto che tra il 2009 e il 2018 la sua «Organization» ha registrato costantemente delle perdite, come testimoniato da Donald Bender, ex contabile di Trump, nel processo penale in corso a New York per frode fiscale. Per il tycoon sarebbe uno smacco enorme.
È proprio sull'immagine dell'imprenditore di successo, capace di trasferire la sua «magia» dalle aziende al Paese, che Trump ha costruito gran parte della sua mitologia politica. Sempre a New York, è in corso una causa civile contro la Trump Organization e i suoi vertici, accusati di avere falsificato il valore reale degli «asset» immobiliari, per ottenere vantaggi bancari. La data fissata per l'inizio del processo è il 2 ottobre del prossimo anno.
Prima ancora, però, Trump potrebbe essere rinviato a giudizio per altre due vicende: il suo ruolo nel tentativo di sovvertire il risultato delle Presidenziali 2020, sfociato nell'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021; e la storia dei documenti top secret della Casa Bianca, custoditi nella sua residenza di Mar-a-Lago. La scorsa settimana, il ministro della Giustizia Merrick Garland ha nominato il procuratore speciale Jack Smith per sovrintendere alle due inchieste. Smith sarà indipendente dal dipartimento di Giustizia, per allontanare il sospetto di un uso «politico» delle due indagini, ma l'ultima parola spetterà comunque a Garland. Secondo diversi osservatori, i faldoni delle inchieste contengono già elementi per il rinvio a giudizio dell'ex presidente, una circostanza inedita nella storia americana. Unica consolazione di questi giorni per Trump è la sua riammissione su Twitter, decisa da Elon Musk.
Ma finora il tycoon ha escluso un suo ritorno sulla piattaforma. «Non ne vedo il motivo», ha detto, preferendo (per il momento) continuare a lanciare i suoi messaggi e i suoi strali dal social network creato a sua immagine e somiglianza, Truth.
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