L'Italia esce indenne dal primo dei tre round previsti nel giro di un mese con le agenzie di rating, un match fondamentale dal cui esito dipendono crescita economica e credibilità sui mercati finanziari. Standard & Poor's ha infatti lasciato inalterata la tripla B che mantiene la Roma due gradini al di sopra del temutissimo livello junk, la bolgia in cui finiscono gli Stati scarsamente affidabili e che, come tali, vengono trattati dagli investitori. Confermato anche l'outlook stabile.
A carte ancora coperte, il ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, era apparso tranquillo: Abbiamo e ho scritto una Legge di bilancio che è impostata correttamente e che, a mio giudizio, troverà anche la valutazione onesta e obiettiva delle agenzie di rating, che l'hanno letta e, magari, non si sono affidati a gossip o titoli scandalistici. Le motivazioni alla base della decisione presa da S&P contengono infatti, inevitabilmente, anche un giudizio sull'operato del governo guidato da Giorgia Meloni e, in particolare, su quella manovra per 16 miliardi di euro in deficit che inizierà la navigazione in Parlamento quando a pronunciarsi sulla qualità del debito tricolore saranno, fra le principali agenzie, Fitch (il 10 novembre) e Moody's (una settimana dopo).
La sentenza di quest'ultima, che assegna all'Italia una valutazione di un solo scalino sopra il rating junk e non esclude un possibile declassamento causa un outlook negativo, è la più temuta.
Le bocce lasciate ferme da S&P dovrebbero intanto portare un po' di calma sul fronte dei titoli di Stato, dove lo spread Btp-Bund è rimasto sostanzialmente invariato rispetto alla vigilia a 204 punti e il rendimento del decennale stabile al 4,95%.
Evitare surriscaldamenti è fondamentale per impedire che si aprano scenari preoccupanti per la tenuta delle finanze pubbliche, che già si devono misurare con spazi di manovra resi angusti dal nodo Superbonus e dalla politica restrittiva della Bce.
Il nostro bilancio l'anno prossimo avrà 13-14 miliardi di interessi in più da pagare - calcola Giorgetti - . Se io non avessi avuto questi miliardi di interessi in più da pagare, avrei potuto fare uno sconto fiscale doppio o triplo rispetto a quest'anno. Punto fondamentale da cui discende cosa si può fare al momento e cosa no, e che impone ai partiti di governo di non stravolgere l'impianto della legge finanziaria. Non a caso, Giorgetti ha esercitato nei giorni scorsi una moral suasion nei confronti dei più recalcitranti a rinunciare a pretese inaccettabili, convinto com'è di aver raggiunto una quadra che contempla controllo dei conti pubblici ed equità sociale.
Spiega infatti che in relazione alla scrittura della legge di bilancio, abbiamo pensato che la cosa fondamentale fosse andare incontro alle esigenze delle famiglie con redditi
medio-bassi, dove perdita di potere d'acquisto è stata fino al 20% se guardiamo il carrello della spesa. Questo ha provocato un piccolo extra-deficit, ma in realtà sul 2023 rispettiamo gli obiettivi concordati in sede europea.
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