Una storia d'amore. Tutt'altro che «convenzionale». Ma che, in un'epoca di sessualità fluida, non è neppure tanto rara. Comunque sia, una storia d'amore: bella come ogni storia d'amore, se pure in equilibrio precario sul filo di una sigla: lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) che per tanti - troppi - rappresenta ancora uno stigma sociale da condannare; al pari di ogni cosa messa all'indice, solo perché non si riesce ad afferrarne il senso.
Maria Paola Gaglione, 18 anni, e Ciro (all'anagrafe registrato però con un nome femminile) Migliore, 22 anni, entrambi di Caivano (Napoli) avevano una relazione. Che nessuno aveva il diritto di interrompere.
Invece Antonio, 22 anni, il fratello di Maria Paola, l'ha fatto nella maniera più criminale. Uccidendo la sorella, che andava «punita», perché «colpevole» ai suoi occhi di «essersi infettata» frequentando quella «femmina che si sentiva maschio».
Per questo Antonio ha seguito in moto lo scooter guidato da Maria Paola con Ciro dietro, speronandolo «per dare una lezione a entrambi». Nella caduta la ragazza ha sbattuto la testa morendo sul colpo, ma questo non è bastato a placare la rabbia di Antonio che ha iniziato a picchiare anche Ciro. Il fratello della 18enne è stato arrestato con l'accusa di omicidio preterintenzionale e violenza privata aggravata dall'omofobia.
Durissimo lo sfogo su Facebook della madre di Ciro Migliore, ricoverato in ospedale per le ferite procurategli da Antonio Gaglione e lo choc della morte della sua compagna. La mamma di Ciro si rivolge così alla madre di Antonio e Maria Paola Gaglione: «Vergognati. Tu dici che hai fatto i sacrifici per i tuoi figli, ma se eri un'altra mamma tutto questo non lo facevi accadere. Tu fuori dalla questura hai detto fatelo uscire a mio figlio, ha fatto bene che ha ucciso la sorella perché sta con un'altra femmina. I figli si accettano come sono, non si uccidono. Gli hanno fatto la trappola per ucciderli. Paola deve riposare in pace».
Maria Paola e Ciro due sere fa erano in viaggio da Caivano ad Acerra quando sono stati raggiunti da Antonio, anch'egli a bordo di uno scooter. Il fratello della ragazza li ha deliberatamente tamponati.
La ragazza ha perso il controllo del mezzo: fatale per lei il colpo alla testa.
Ma la «lezione» di Antonio non è ancora finita: si avventa contro Ciro e lo riempie di calci e pugni. La violenza si arresta solo con l'arrivo dell'ambulanza. Per Maria Paola non c'è più nulla da fare. Ciro viene portato in ospedale. Le ferite fisiche non sono gravi, ma quelle morali rimarranno indelebili.
«Volevo darle una lezione, non ucciderla. Mia sorella era stata infettata», ripete Antonio ai carabinieri, prima di essere portato in carcere.
Maria Paola, uscendo di strada, è finita su un tubo per l'irrigazione, che le ha tranciato la gola. Una vicenda terribile su cui ieri tutte le forze politiche e le associazioni lgbt hanno preso posizione condannando un episodio di «intollerabile violenza e discriminazione».
Sia la famiglia di Maria Paola e Antonio, sia quella di Ciro risiedono al Parco Verde di Caivano, complesso residenziale tra i più degradati
dell'hinterland napoletano, divenuto noto qualche anno fa per le vicende di pedofilia che coinvolsero la piccola Fortuna Loffredo, tanto da meritarsi l'appellativo di «Parco degli orrori». Orrori che, qui, non finiscono mai.
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