Nessun complotto: «Quello indicherebbe quantomeno una direzione di marcia che invece non c'era e non c'è».
E allora?
Purtroppo la realtà è molto più modesta - sintetizza brutalmente il leader di Azione Carlo Calenda -: Giuseppe Conte voleva accreditarsi a livello internazionale e così utilizzava l'intelligence in modo spregiudicato e dilettantesco».
Repubblica racconta la storia di una cena, a dir poco fuori dai canoni, fra il ministro della giustizia americano Bill Barr e il capo dell'intelligence italiana Gennaro Vecchione. Barr cercava le prove di un complotto ordito in Italia contro Trump e nel 2019 arriva nel nostro Paese e incontra proprio il capo dei Servizi.
Uno schema non proprio ortodosso.
«Conte avrebbe dovuto preservare gli apparati di sicurezza, tenerli al riparo da una tempesta innescata da Trump».
Il Russiagate?
«Appunto, siamo ai vaneggiamenti di Trump, al suo tentativo di fermare i democratici. Sono questioni di politica americana, naturalmente con riflessi in Europa, ma il punto è che il governo Conte nel 2019 fa da sponda a queste manovre».
Conte afferma di non sapere nulla della cena tra Barr e Vecchione. Le procedure non sono state rispettate?
«Direi di no. Le richieste americane avrebbero dovuto passare attraverso il nostro ministro della Giustizia. Invece...».
Invece?
«Gli americani fanno il bello e il cattivo tempo. Spiace dirlo, ma siamo stati trattati peggio di una colonia, per inseguire fantomatiche prove che servivano a Trump per tentare di stare a galla».
Lei parla di un atteggiamento «spregiudicato» di Conte?
«Conte, un parvenu, aveva solo il problema di ottenere un riconoscimento a livello internazionale. Quindi, anche se non conosciamo i dettagli di tutte le singole operazioni, possiamo trarre qualche conclusione».
Secondo lei, cosa è successo?
«Un pasticcio incredibile che si stenta a credere. Siamo stati filo americani con Trump, ma questo è solo un pezzo».
Poi?
«Contemporaneamente, con un equilibrismo davvero incredibile, siamo stati filorussi e filocinesi».
Con tutti e contro nessuno?
«Purtroppo questo si ricava dai fatti. Conte e Di Maio stravedevano per XI Jinping che l'attuale ministro degli Esteri chiamava Ping».
Abbiamo aderito alla Via della seta.
«Sì, siamo stati l'unico Paese occidentale che si è lanciato in un progetto di matrice imperialista studiato dal regime comunista di Pechino. Nello stesso momento eravamo filorussi con Putin e filo americani con Trump. Ma come si fa ad avere una politica estera così ondivaga e contraddittoria, una bussola impazzita in cui non esistono più i punti cardinali?».
Tutto questo perché sarebbe avvenuto?
«Non immagini chissà quale complotto o cospirazione».
E cosa dobbiamo pensare?
«Conte cercava considerazione a livello delle principali cancellerie. Pensi al tweet di Trump su Giuseppi. Conte compiaceva i suoi interlocutori, anche se in questo modo la nostra politica estera è andata a farsi benedire».
C'è qualcosa di anomalo anche nel viaggio dei russi a Bergamo per combattere il Covid?
«Un altro episodio inquietante, con risvolti oscuri in cui affiora questa assenza di una linea guida, di una posizione chiara e limpida».
Insomma, l'Italia ha perso credibilità nelle principali capitali?
«C'è stata una caduta di immagine, all'estero ancora oggi ci reputano filocinesi ma temo che i danni ci siano stati anche nella finanza e nell'economia. Gli svarioni del leader politici sono difficili da quantificare ma pesano negli scenari più importanti. Pensiamo agli incredibili balletti di Conte e con il regime venezuelano, ancora più gravi perché laggiù c'è una folta di comunità di origine tricolore».
Oggi l'ex premier tratteggia un nuovo atlantismo.
«Nessuno però ha capito di cosa si tratti. Sono parole astruse e incomprensibili.
Del resto, il centrosinistra si sta rivelando, sul fronte della politica energetica, il partito del no: no al gas russo, ma anche quello egiziano non va bene e pure l'Algeria non è che sia una democrazia. Il carbone inquina, le pale eoliche deturpano il territorio e alla fine uno annega dentro un mare di problemi. Ma di soluzioni, nemmeno l'ombra».
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