Spunta la t-shirt in visone di Philipp Plein

Spunta la t-shirt in visone di Philipp Plein

Ci vuole poco per dare un colpo di spugna alla storia, tanto per costruire un nuovo linguaggio. Lo ha dimostrato ieri Alessandro Michele al debutto con la collezione donna: di Gucci in passerella non rimaneva che la doppia G della fibbia di una cintura. Per il resto, si sono viste tracce di Saint Laurent (quando era ancora Yves e si faceva amare per le camicie con jabot), di Prada (nelle pieghe con la memoria), di ricerche nei mercatini vintage (cappottini militari e spille di fiori) il tutto casualmente accessoriato con basco esistenzialista e scarpa con pom pon e tacco dorato. «Sopravvivenze del passato s'intrecciano a prefigurazioni del futuro» si legge nella cartella stampa anche se il designer romano per dodici anni in Gucci, e come braccio destro di Frida Giannini, del domani non vuol sentir parlare. «Il futuro non m'interessa, per me è importante il presente mentre il passato è uno strascico. Amo la sfasatura temporale e soprattutto la libertà». E liberamente ha cercato di cambiare tutto, dallo stage della sfilata - il corridoio di una metropolitana - alle ragazze vestite con pantaloni da uomo e camicia di seta, a maschietti efebici che si concedono completi a fiori allover... immagini di un'umanità che si veste come vuole «scegliendo oggetti con un vero valore emotivo». Per esempio la borsa in tessuto logato da allacciare a mo' di marsupio sul fondo schiena e le ciabattine foderate con vispi ciuffi di pelo. Il DNA traballa perché secondo lo stilista i codici esistono per essere messi in discussione. L'importante, secondo noi, è avere la capacità di creare, come recita la press release, «nuove grammatiche» che ancora non si sono viste. Brunello Cucinelli, invece, aggiunge un ulteriore tassello alla propria identità facendo strage di consensi grazie ai bellissimi cappotti di pelliccia di cashmere, un'esclusiva della maison anche nella versione «orsetto» con cui realizza magnifiche felpe, cardigan over in una serie di spettacolari bianchi invernali. «Noi italiani abbiamo mani sapienti da valorizzare offrendo dignità morale ed economica ai nostri artigiani» dice l'imprenditore filosofo. Lavorare la materia prima in modo eccellente è del resto uno dei punti di forza di quei brand che hanno nel proprio DNA la manifattura certosina. Fay parla di magistrale lavorazione dei pellami e fa un elogio del vestire all'italiana. «Abbiamo pensato a una donna borghese e alle sue sicurezze» dicevano i designer Tommaso Aquilano e Roberto Rimondi prima di mandare in passerella un prezioso camouflage ottenuto con ricami patchwork in tessuto e pelliccia. Simonetta Ravizza, regina della pelliccia lussuosamente easy, ha fatto di più presentando anche una capsule per la montagna in tessuto tecnico e pelliccia in bianco e nero, con motivi grafici di fiocchi di neve stampati sul kid e sul visone.

E bianco e nero è stato anche l'accostamento prediletto da Philipp Plein nella vertiginosa collezione presentata su montagne russe ricostruite per lo show: stole di pelliccia intarsiate, pull e T-shirt di visone e volpe con inserti di pitone e coccodrillo, cappotti in mongolia e kidassia.

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