Spuntano altri 300 milioni per combattere il caro bollette. Confindustria contro i partiti

Stanziati altri 2,8 miliardi per l'energia. Il taglio dei contributi una tantum varrà solo per i redditi sotto i 35mila euro

Spuntano altri 300 milioni per combattere il caro bollette. Confindustria contro i partiti

Maggioranza compattata in extremis ma scontentando Confindustria e sindacati. È la sintesi della cabina di regia e del Consiglio dei ministri che si sono svolti ieri. Il tema al centro del dibattito era l'impiego e l'eventuale incremento dei 2 miliardi messi a disposizione del premier Mario Draghi per i redditi medio-bassi. L'accordo del mattino prevedeva la distribuzione di 1,5 miliardi per il taglio del cuneo sui redditi fino a 47mila euro lordi annui e i restanti 500 milioni per compensare gli aumenti delle bollette energetiche. Quest'ultimo stanziamento avrebbe dovuto essere rimpinguato con circa 250 milioni provenienti da un «contributo di solidarietà» sui redditi superiori a 75mila euro lordi annui che avrebbe sterilizzato l'impatto della riforma Irpef che per quella fascia di contribuenti assicura un beneficio massimo di 300 euro che si riduce all'aumentare del reddito.

La netta opposizione di Lega, Forza Italia e Italia Viva ha imposto al presidente del Consiglio il cambio di rotta e così il ministro dell'Economia, Daniele Franco, ha «pescato» 500 milioni dal minore utilizzo stimato nel 2022 degli 8 miliardi destinati alla riforma di Irpef e Irap. Altri 300 milioni aggiuntivi per calmierare le bollette sono stati individuati nelle pieghe del bilancio dello Stato dal minor tiraggio di alcuni sussidi emergenziali. Il caro-energia del primo trimestre 2022, pertanto, sarà affrontato con una dotazione complessiva di 2,8 miliardi di euro. E senza nessuna «simil-patrimonale» sui redditi medio-alti. Con soddisfazione di Confartigianato il cui presidente Marco Granelli aveva rilevato che «la modifica dei termini dell'intesa sul fisco, senza peraltro il coinvolgimento di tutte le parti sociali, con l'obiettivo di recuperare modeste risorse a beneficio della riduzione delle bollette, oltre ad introdurre ulteriori distorsioni alla già complessa tassazione personale, è penalizzante per chi produce ricchezza».

Per accontentare il centrosinistra di governo (Pd, M5s e Leu), invece, il taglio dei contributi una tantum l'anno prossimo sarà concentrato sui redditi inferiori a 35mila euro. In questo modo il beneficio dovrebbe essere minore perché concentrato su una platea più ristretta di contribuenti. Si fa per dire, ovviamente, considerato che, in base alle dichiarazioni Irpef 2020, sopra i 35mila euro lordi annui c'è solo il 13,22% dei contribuenti (5,5 milioni di persone su 41,5 milioni di dichiarazioni individuali).

In ogni caso, al sindacato questa impostazione non è piaciuta e lo sciopero generale non può dirsi scongiurato. «Non ci sono risposte» alle richieste contenute nella piattaforma sindacale unitaria per una vera riforma fiscale e delle pensioni che superi la legge Fornero, per sostenere il lavoro contrastando la precarietà e nuove politiche industriali. Il direttivo della Cgil ieri ha sostanzialmente bocciato l'impostazione della manovra e ha chiesto di anticipare il confronto con il ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Per il segretario generale Maurizio Landini occorre «intensificare la mobilitazione, senza escludere iniziative di carattere generale», linea condivisa dalla Uil di Pierluigi Bombardieri. La Cisl del segretario Luigi Sbarra è per la prosecuzione della trattativa. Spazientita, invece, Confindustria.

«Il tema non è il governo, sono i partiti che si sono concentrati su una spartizione degli 8 miliardi che nulla ha a che vedere con la crescita, nulla con i giovani» per i quali la manovra «non è positiva». Il presidente Carlo Bonomi ha esternato così la propria enorme delusione.

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