La stangata in bolletta almeno fino a marzo. Allarme delle imprese

Cingolani: "Prezzi gas ragionevoli dopo il primo trimestre 2022". Nodo materie prime

La stangata in bolletta almeno fino a marzo. Allarme delle imprese

La stangata per le famiglie sarà più lunga del previsto. I prezzi del gas non scenderanno almeno fino a marzo, avverte il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Come è noto il rincaro su gas e bollette costerà 300 euro in più annui, nonostante l'intervento del governo per calmierare gli «oneri di sistema» con un intervento prossimo ai 3 miliardi. Ma anche le imprese sono in allarme davanti ai prezzi alle stelle delle materie prime, che avrebbero un impatto monstre da oltre 40 miliardi. Abbastanza per creare preoccupazioni per la tenuta della rapidità della ripresa in corso.

«Speriamo che dopo il primo trimestre del 2022 saranno aperte nuove pipeline e torneremo a prezzi più ragionevoli del gas. Ma rimaniamo sulla strada dell'uscita dal gas», ha detto Cingolani alla giornata conclusiva della PreCop26 di Milano. «Le bollette aumentano all'80% per la crescita del prezzo del gas e al 20% per quello del carbonio. Non si può dire - ha precisato - che la transizione energetica aumenti il costo dell'energia. Vogliamo uscire dal gas e servono investimenti sulle rinnovabili». I rincari di ottobre sulle bollette di luce e gas comportano già un aumento rispettivamente del 29,8% e del 14,4 per cento.

Ma timori arrivano dal fronte delle imprese. Gli aumenti delle materie prime ad agosto hanno toccato il 31,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un macigno sulla ripresa dei piccoli imprenditori che pesa, secondo Confartigianato, 46,2 miliardi su base annua. Di questi, 4,3 miliardi pesano sulle piccole aziende della produzione alimentare, 29,8 miliardi sulle piccole imprese della manifattura e 12,1 miliardi sui piccoli imprenditori delle costruzioni. «Materie prime sempre troppo care e spesso introvabili sono un freno per la ripresa. Si riducono il valore aggiunto e la propensione a investire delle imprese, compromettendo sia i processi di innovazione che la domanda di lavoro. Le nostre aziende rallentano la produzione e, in alcuni casi, tornano a utilizzare gli ammortizzatori sociali, nonostante la ripresa degli ordinativi», spiega il presidente di Confartigianato, Marco Granelli. «Vanno messi in atto meccanismi di calmierazione come è stato fatto per l'energia. Per quanto riguarda gli appalti e le opere pubbliche, chiediamo di favorire la revisione dei prezzi nei contratti». A pagare di più è Nord Est, dove l'aumento dei prezzi pesa per il 3,3% del Pil. Seguono il Nord Ovest (2,8%), il Centro (2,3%) e il Mezzogiorno (1,8%). La regione con il maggiore impatto dei rincari sulle micro e piccole imprese, pari al 3,6% del Pil, è il Veneto. Una batosta - denuncia l'associazione - per i bilanci delle aziende che in alcuni casi «devono rinunciare a lavorare sia per il prezzo troppo elevato delle materie prime sia per la difficoltà a reperirle sul mercato».

Rallenta inoltre la crescita della produzione in agosto (-0,2%) e settembre (-0,3%) anche se rimangono positive le prospettive.

La produzione industriale è cresciuta nel terzo trimestre del 2021, secondo il Centro studi Confindustria, dello 0,5%, un ritmo più contenuto di quanto osservato nei primi due trimestri (rispettivamente di +1,2% e +1,5%).

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