La sparatoria di Uvalde, in Texas, apre uno squarcio profondo, l'ennesimo, nell'anima tormentata dell'America. Un Paese con una lunga storia di massacri alle spalle e un rapporto complesso con pistole e fucili. «Questo amore che l'americano ha verso le armi è profondo, incastonato nel dna della loro cultura e attraversa tutti». Ne è convinto Gabriele Galimberti, vincitore del World Press Photo nel 2021, che non solo conosce bene Stati Uniti, ma grazie alla sua esperienza è stato in grado di cogliere le contraddizioni del Paese e le sue sfumature inedite.
Il 45enne fotografo toscano, che da decenni percorre in lungo e in largo l'America, ha vinto il premio di fotografia più ambito proprio con un viaggio in uno dei lati più oscuri dell'anima americana. Il progetto, ribattezzato The Ameriguns, è il risultato di un percorso partito nei primi anni duemila con degli scatti venduti a una rivista raccolti durante le famose vacanze di primavera che i giovani americani fanno in Florida. In mezzo tante esperienze in giro per il mondo che lo hanno portato nell'orbita del National Geographic.
«Tre anni fa mi trovavo in Kansas per un lavoro sulla compravendita di fossili di dinosauri e per caso sono entrato in un enorme negozio di armi. Parlando con uno dei clienti ho scoperto che non stava comprando la sua prima pistola, ma che ne aveva già 60. Gli ho chiesto di andare da lui per fargli una foto e un'ora dopo ero a casa sua». Quel primo scatto, quell'uomo che dietro l'apparente normalità nascondeva un arsenale, non era un caso isolato, un personaggio bizzarro perso nella provincia americana: «Ho notato che lo scatto era potente, ho approfondito l'argomento e fatto un po' di ricerca. Mi sono chiesto se il tizio incontrato fosse un folle o un emblema di normalità».
Nel Paese circolano oltre 400 milioni di armi e ben 130 di queste sono nelle mani del 3% degli americani. In breve tempo il fotografo si immerge in questa realtà. «Il mio scopo era vedere se questo amore per le armi fosse trasversale. Ho fotografato in tutto il Paese, da New York alle Hawaii, al Montana», continua Galimberti. I ritratti, eccessivi, a tratti grotteschi, sono un buon affresco degli Stati Uniti. «Le persone che ho fotografato sono di tutti i tipi. Ci sono bianchi, neri, ricchi, poveri, asiatici, repubblicani, democratici». Tra di loro anche un «pastore protestante che ogni giorno predicava in chiesa ma allo stesso tempo era anche un influencer di armi su Instagram».
In totale gli scatti che compongono Ameriguns sono 45, catturati in altrettanti Stati nel corso di oltre un anno di lavoro. «Ho contattato circa 500 persone. Molti mi hanno cacciato, non tutti sono stati contenti o si sono prestati. Ma quelli che ho fotografato avevano voglia di mettersi in mostra».
Nel suo lavoro Galimberti individua quattro ragioni dietro a un rapporto così morboso: la libertà, la famiglia, la passione e lo stile. Ma sono i primi due quelli che più di tutti aiutano a decifrare il fenomeno: «Molti mi spiegavano che erano liberi di avere armi e nemmeno si ponevano il problema di giustificarlo. E non capivano perché gli chiedessi come mai ne avevano così tante». Il secondo motivo è fondato sul fatto che in famiglia si è sempre fatto così: «Molte persone che ho fotografato hanno sparato già a 6-7 anni con il nonno o zio».
Persino le reazioni alla pubblicazione degli scatti sono state diverse: «Man mano che le foto hanno iniziato a circolare ho notato due reazioni opposte: nei Paesi fuori dagli Stati Uniti hanno reagito tutti con un Ma sono pazzi questi americani?. Negli Usa molte volte la percezione è stata diversa, qualcosa tipo che figo».
Situazioni che forse noi europei non possiamo cogliere fino in fondo. Ma su questo il fotografo ha un'opinione diversa: «Qualche problema da risolvere gli americani lo hanno, ma non mi voglio mettere nella posizione di giudice».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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