Ma cosa c'entra il povero Alessandro Sibilio? Ma cosa c'entrano gli altri ostacolisti che stavano correndo con lui al meeting di Stoccolma, prova di Diamond league di atletica? E cosa c'entra l'inconsapevole Karsten Warnholm, il norvegese primatista mondiale della specialità che è l'unico a tagliare indisturbato il traguardo dei 400, ma all'improvviso scopre di non avere più inseguitori perché sono stati tutti avvolti da un mega striscione, dispiegato per protesta da alcuni attivisti, a quanto pare contro i cambiamenti climatici, a pochi metri dal traguardo...
A Stoccolma va in scena l'ultima follia dei movimenti di protesta, che magari difendono giusti principi, ma scelgono mezzi e situazioni che li fanno sprofondare dalla parte del torto. E a farne le spese è soprattutto l'azzurro che sta per portare a termine una grande rimonta che lo vedeva ormai lanciato verso il secondo posto alle spalle di Warnholm, ma poi spunta l'incredibile striscione e si vede costretto a deviare la sua traiettoria, tagliando il traguardo per quarto in una gara ormai falsata dall'incredibile episodio.
C'erano una volta i meeting scandinavi, dove l'atletica è religione forse più che in ogni altra parte del mondo, piste sacre a cui ci si avvicinava con il rispetto che si deve ai grandi templi di una religione speciale. Oggi c'è questa immagine quasi blasfema, di un manipolo di attivisti che per imporre le loro proteste vanno a violare non solo il sacro suolo dello stadio svedese, ma anche gli sforzi e i sacrifici di chi corre, perché questi gesti non vanno a colpire gli obiettivi della protesta, ma ragazzi che lavorano duramente tutto l'anno per portare a casa un sorriso in queste gare che valgono più prestigio che denaro.
Ma ancor più beffarda del gesto sacrilego degli attivisti è la decisione della giuria di tenere buono l'ordine d'arrivo, di non ripetere la corsa, quasi come se quello striscione a pochi spuntato a passi dal traguardo fosse un ostacolo aggiunto a quelli già disseminati nel giro di pista dei 400. «Non ho fatto una grande gara - ha ammesso onestamente l'azzurro -, ero partito male, poi però ho dovuto rallentare improvvisamente nel finale, altrimenti avrei rischiato di farmi male. Al momento non ho nemmeno capito di che cosa si trattasse, ho pensato a un arrivo un po' spettacolare... Certo, ne sono successe di tutti i colori».
Già, perché nello sport abbiamo visto di tutto, dalle tappe del Giro e del Tour bloccate da manifestanti, dagli operai in sciopero, indietro negli anni fino alla famosa tappa del Giro del '46 bloccata da una sassaiola di filo-titini alle porte di Trieste. Abbiamo visto bloccare partite di tennis al Roland Garros, abbiamo visto invasori «di strada» alla maratona olimpica di Atene 2004, ma non avevamo ancora visto la discesa in campo degli attivisti sulle piste di un meeting di atletica.
Ormai, pur di fare notizia, non si va più per il sottile, ma se poi si accetta tutto come un semplice incidente di percorso si rischia di vanificare non solo lo sforzo degli atleti, ma anche il senso stesso dello sport.
Sibilio, in fondo, l'ha presa ancora con filosofia: lui pensa già alla rivincita al prossimo meeting di Montecarlo. Noi pensiamo con apprensione al prossimo appuntamento con la follia. Di chi forse può avere anche giuste ragioni, ma con queste scelte finisce automaticamente squalificato.
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