
Sul fine vita e le Regioni rosse in ordine sparso scatta la mannaia del Tar. Quello dell'Emilia-Romagna ha accolto la sospensiva della consigliera regionale Valentina Castaldini di Forza Italia e ha congelato «le delibere regionali che permettono il suicidio assistito» in Emilia-Romagna. Se ne discuterà il 15 maggio in trattazione collegiale, come annuncia la stessa Castaldini: «Una delibera regionale non può sostituire una legge nazionale su un tema così delicato», denuncia l'esponente azzurra che l'11 marzo aveva invocato i giudici amministrativi contro le delibere della Regione a febbraio 2024.
Il provvedimento era stato impugnato anche dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal ministero della Salute con gli stessi rilievi di legittimità. Purtroppo nel frattempo si erano già conclusi due iter di richiesta di suicidio assistito, una terza persona avrebbe richiesto l'accesso alla procedura. Da qui l'accelerazione della Castaldini, secondo cui è «inaccettabile che un atto amministrativo regionale sostituisca una legge nazionale su un tema così delicato».
La norma sul fine vita, con le sue ricadute sul piano etico e giuridico, nasce dopo la sentenza della Consulta 242 del 2019 (il caso di Dj Fabo) che ha fissato i requisiti per poter accedere legalmente all'aiuto medico alla morte. Secondo la maggior parte dei giuristi, questa sentenza già stabilisce il «diritto» alla morte medicalmente assistita, il Parlamento deve solo delinearne i contorni e il giusto equilibrio tra diritti. Da allora la Consulta si è rivolta altre volte al legislatore con la sua moral suasion, il prossimo pronunciamento riguarda la punibilità dell'aiuto al suicidio assistito in assenza di sostegni vitali. La sentenza 135/2024 della Corte costituzionale sui due malati (uno oncologico e uno con il Parkinson) accompagnati in Svizzera a morire da Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Luca Coscioni, ha infatti allargato il perimetro del «trattamento di sostegno vitale». Erano entrambi affetti da patologia irreversibile, ma non attaccati alle macchine (a differenza di Dj Fabo). Cappato è punibile? Se l'è chiesto il gip del Tribunale di Milano che nel giugno 2024 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 580 del Codice penale. I due erano sprovvisti di uno dei requisiti previsti dalla sentenza del 2019 e dunque non potevano aderire al suicidio in Italia. Secondo l'interpretazione più estensiva vi rientrerebbero anche loro terapie farmacologiche, in assenza dei quali morirebbero. Ma il tema sulle «regole» per ottenere un diritto al suicidio medicalmente assistito - età, requisiti, condizione medica, sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, parere medico, consenso libero e consapevole eccetera - non possono certo essere lasciati a una sentenza né demandati a un procedimento amministrativo, come ha fatto la Regione Emilia-Romagna, ma vanno definiti dal Parlamento.
Era stata la Toscana a febbraio del 2025 a promulgare una legge regionale sul fine vita e a mettere dei paletti su terapie condivise, cure palliative precoci e formazione dei sanitari, togliendo (peraltro) fondi alla disabilità per finanziare questa pratica con il Servizio sanitario nazionale. La Toscana ha legiferato su una materia che non è di sua competenza, aprendo la strada al caos.
Ma se un cittadino trovasse più «facile» morire in un altra regione si innescherebbe una sorta di turismo eutanasico. Che il governo vuole evitare, impugnando tutte le norme regionali sul fine vita. In attesa che il Parlamento si svegli, il rischio eutanasia di Stato è concreto.
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