Ecco le informative che non si trovavano. Quelle che per molti studiosi non esistevano neppure. Invece ci sono e il Giornale ne è venuto in possesso. Quattro in particolare, con date incandescenti: 9 agosto e 21 agosto 1980. Pochi giorni dopo la terribile strage della Stazione di Bologna. Roma-Beirut e Beirut-Roma: i Servizi segreti di allora scrutano la pista Mediorientale. Ma non puntano sui palestinesi, sempre schermati dietro lo scudo misterioso del lodo Moro, ma sull'accoppiata fra fascisti italiani e falangisti libanesi. Un mix inedito su cui le autorità italiane sembrano saper e voler sapere tanto, pure troppo, a pochissime ore dallo spaventoso massacro di 85 innocenti.
«Necessita suo urgente contatto con (omissis) cui dovrebbe chiedere qualsiasi elemento ottenibile sui Kataeb, circa presenza anni 1977-80 di elementi italiani in campi addestramento destra cristiana libanese - scrive un alto dirigente del Servizi di cui non conosciamo il nome al capo centro di Beirut, Stefano Giovannone, figura leggendaria di quel periodo - non escludesi possibilità che abbiano trovato rifugio in tempi diversi presso amici aut organizzazioni del Libano cristiano elementi della destra italiana ricercati per reati vari».
Lettere e dispacci vanno e vengono fra Roma e il Medio Oriente con ritmi frenetici. Altro che buco. Il misterioso buco nel carteggio Sismi-Olp in realtà non c'è. C'era uno strano silenzio, o se si preferisce, vuoto dal 2 luglio al 23 settembre 1980, proprio nelle settimane drammatiche e cruciali di un'estate drammatica, segnata dalle tragedie di Ustica, il 27 giugno, e di Bologna, il 2 agosto. Ma il salto non c'è e queste carte, ora nella disponibilità del Giornale, lo confermano. C'è semmai da rivedere la strana storia del carteggio Sismi-Olp, un fascicolo formato ai tempi del governo Prodi, desecretato da Renzi nel 2014, ma diventato di pubblico dominio solo nel 2023. Centonovantacinque documenti, 163 riguardanti i rapporti Sismi+Olp e 32 Ustica. Rimaneva la lacuna nell'estate cruciale, fra luglio e settembre, ma ora affiorano anche quelle carte di cui non si era mai saputo nulla. Pubbliche ma missing, sparite, desaparecide: qualche manina dell'intelligence le aveva dislocate altrove. Per sbaglio o sciatteria? Per non farle recuperare? Per confondere le idee? Come in effetti è successo a ricercatori, storici, giornalisti, impigliati in una sorta di ruota del criceto per anni e anni.
In particolare, ecco le due informative del 9 agosto con le risposte arrivate da Beirut il 21 dello stesso mese. Alcuni omissis, come si è visto, rimangono e rendono problematica la comprensione di alcuni elementi e personaggi, ma i messaggi sono chiari e netti: nei campi kataeb si sarebbero addestrati militanti di formazioni dell'estrema destra. «Detta presenza - prosegue l'informativa del 9 agosto - può anche riferirsi ad incontri e riunioni esponenti gruppi varie nazionalità facenti parte cosiddetta Eurodestra». Non solo: «Secondo stampa italiana elementi destra avrebbero seguito corsi addestrativi nel campo Kataeb di Maifuq fra Beirut e Becharre nonché nel campo comunista di Dbaye».
Boatos, voci, retroscena veri o presunti. L'intelligence italiana, allora ancora infiltrata dalla P2, sembra prediligere una traccia investigativa precisa e segue un percorso ben delineato: punta sui fascisti, che poi in effetti saranno condannati a vari livelli in diversi processi alcuni dei quali ancora in corso, e contemporaneamente esplora uno scenario libanese. Libanese, attenzione, e non palestinese.
Le vicende del cosiddetto lodo Moro portano a ritenere quantomeno possibile la matrice palestinese dell'attentato: il supposto lodo Moro prevedeva una sorta di immunità dei guerriglieri palestinesi, in particolare quelli del Fronte Popolare di Liberazione Palestinese, autorizzati a muoversi nel nostro Paese a patto di non compiere imprese di sangue in Italia. Questa pace sarebbe stata violata dalle autorità italiane con i fatti di Ortona, il sequestro di due lanciamissili, la cattura di un esponente di spicco del Fplp, Abu Saleh. I palestinesi a questo punto avrebbero reagito provocando, in un modo o nell'altro, il massacro. La magistratura ha però sempre sconfessato questa pista, ritenendola una pura suggestione senza alcuna prova.
E però l'intelligence italiana corre in Medio Oriente, ma si tiene alla larga dai palestinesi accreditando la improbabile liason fra neri e falangisti. Perché questo? Per proteggere i palestinesi e sviare altrove i sospetti? Strano depistaggio, se di questo si tratta, più sul lato internazionale che su quello interno che, come si sa, porterà alle condanne di Mambro, Fioravanti e altri esponenti dell'eversione nera.
I palestinesi, invece, non vengono toccati. Anzi, sono le fonti palestinesi, imbeccate dalla nostra intelligence, a fornire elementi che portano in Libano: qui si sarebbero formati alcuni terroristi italiani, compresi alcuni elementi che avrebbero avuto un ruolo nella strage di Bologna. È la clamorosa rivelazione, in seguito smentita, fatta da Abu Ayad, esponente di spicco della galassia palestinese, numero due di al-Fatah e già membro di Settembre nero, in un'intervista concessa a Rita Porena per il Corriere del Ticino il 19 settembre 1990. Per Abu Sayad la resistenza palestinese avrebbe le prove del coinvolgimento dei falangisti nella strage di Bologna.
Insomma, palestinesi e Servizi italiani sembrano procedere a braccetto, in un crescendo di rivelazioni che inguaiano la destra eversiva italiana e Rita Porena, peraltro vicinissima alla Resistenza del Fplp, dà voce a questa versione.
Il 2 settembre 1980 il procuratore di Bologna Ugo Sisti scrive ai vertici di Sismi e Sisde chiedendo lumi su «progetti criminosi di cittadini italiani all'estero (Libano in particolare) contro obiettivi italiani in genere e contro obiettivi siti in Bologna».La strage di Bologna sarebbe stata battezzata nei campi falangisti. Una notizia campata in aria che non porterà a nulla ma allontanerà i sospetti da Palestinesi.
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